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immagine L’ascite nel cane e nel gatto: cos’è e come riconoscerla

L’ascite nel cane e nel gatto: cos’è e come riconoscerla

Le patologie che possono interessare i nostri animali domestici non sono tutte uguali: ce ne sono alcune poco gravi, magari fastidiose ma che non mettono in pericolo la loro vita, mentre altre sono piuttosto urgenti e dobbiamo agire quanto prima.

Spesso i proprietari non sanno riconoscere la differenza, e in questo articolo vi parliamo di ascite: è una situazione che ogni padrone deve conoscere, e riconoscere qualora l’animale la presentasse, per portarlo quanto prima da un veterinario. Perché l’ascite, e la malattia che la determina, può essere molto grave.

Cos’è l’ascite

L’ascite è il versamento addominale, ovvero la presenza di liquido nell’addome. Nella pancia.

Gli organi che si trovano in addome (fegato, stomaco, intestino, vescica) sono di solito in contatto tra di loro; si toccano, insomma. Ci sono però delle situazioni in cui iniziano a comparire un liquido, di diversa natura, in addome, che toglie loro spazio e che fa “gonfiare” la pancia del cane e del gatto, in modo molto intenso; è impossibile non vederla, anche se l’animale non sembra stare male.

Il liquido può essere di diversa natura: può essere sangue, se si è rotto qualche organo interno, o può essere urina, qualora si fosse rotta la vescica. Queste situazioni sono però molto gravi, conseguenza di incidenti molto violenti, e ci renderemo subito conto che il cane o il gatto sono in pericolo di vita.

Molto più subdola è la situazione in cui il versamento è una sostanza molto simile all’acqua, trasparente, detta essudato o trasudato a seconda dei casi. Questa sostanza compare in addome lentamente, ma se non rimossa (e se non curata la causa della sua comparsa) può diventare pericolosissima.

Le cause di ascite

Le cause della comparsa di questo liquido possono essere varie: può essere causata da alcuni veleni, come i veleni per topi; può essere causata anche (raramente) da alcuni tumori o da alcune malattie infettive. Le cause più comuni, però sono tre: le malattie del cuore, le malattie del fegato e le malattie renali, tutte molto serie.

L’ascite cardiogena dipende dal fatto che il cuore non pompa più bene il sangue. Il sangue, così, “ristagna” nelle vene, e a lungo andare se ne accumula talmente tanto (la vena più grande, la vena cava inferiore, è in addome) che un po’ di liquido comincia ad essudare dai vasi, ci passa attraverso, e va in addome, accumulandosi sempre di più.

L’ascite epatogena è causata da problemi gravi al fegato, come la cirrosi: il fegato, quando funziona, produce una proteina detta albumina; tra le sue funzioni c’é quella di trattenere l’acqua nei vasi sanguigni, senza che passi dalle pareti ed esca. Se il fegato non funziona l’albumina non c’è e nessuno trattiene l’acqua, che è così libera di fuoriuscire in addome.

L’ascite nefrogena è simile alla precedente. L’albumina, quando girando con il sangue passa dai reni, viene filtrata ed esce dalla circolazione. È compito del rene riassorbirla e farla tornare nel sangue; se il rene, però, non funziona il sangue non la riassorbe, e la proteina se ne va con le urine. Così c’è meno proteina nel sangue e, come prima, l’acqua è libera di uscire.

Come si cura

L’ascite rappresenta sia un problema grave in sé, in quanto malattia pericolosa, sia perché è un importante campanello di allarme per il malfunzionamento dei tre organi di cui abbiamo appena parlato.

Ci rendiamo conto che il nostro animale ne soffre se gli vediamo la pancia gonfia. Ma non gonfia in modo armonico a “gatto/cane grasso”, ben distribuita, ma come se fosse un sacchetto pieno d’acqua. Proviamo a stringerla con delicatezza: abbiamo l’impressione di toccare la borsa dell’acqua calda o la nostra pancia? Se la risposta è la prima, andiamo dal veterinario quanto prima.

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Il medico, dopo aver verificato la presenza di liquido con un’ecografia, per prima cosa lo estrarrà, infilando una siringa in pancia e aspirando. Questo da sollievo all’animale, che non avrà più l’acqua a fermare la dilatazione dei polmoni, quindi respirerà subito meglio. Potrebbe essere necessario tornare più volte dal veterinario a fare questa manovra.

Quindi il dottore si occuperà di capire qual è la causa dell’ascite, e di formulare un’opportuna terapia per risolverla.

In tutto questo, però, l’animale non sembra stare particolarmente male: mangia, si muove, e a parte un po’ di affanno nel respirare sta bene. Ma non è così, perché un organo importante che non funziona può far aggravare lo stato di salute in pochissimi giorni.

Non aspettiamo quindi, ma andiamo il prima possibile dal veterinario non appena ci rendiamo conto di questi sintomi.

immagine Le anemie nel cane e nel gatto: come riconoscerle e cosa fare

Le anemie nel cane e nel gatto: come riconoscerle e cosa fare

In questa pagina ci occupiamo di un sintomo molto importante, non semplice da vedere ma di cui dobbiamo renderci conto e per il quale dobbiamo controllare periodicamente il nostro cane e il nostro gatto: parliamo infatti delle anemie, situazioni nelle quali il sangue, che si trova in ogni parte del corpo, non riesce a svolgere le sue normali funzioni.

Il sangue

Il sangue è un po’ come se fosse il sistema stradale del corpo dei nostri animali. Se non esistessero le strade e i veicoli che ogni giorno le percorrono, sarebbe molto difficile vivere: non avremmo da mangiare, da bere, non potremmo andare al lavoro.

Il sangue ha un po’ la stessa funzione: serve a trasportare da una parte all’altra del corpo le sostanze nutritive, l’ossigeno che entra dai polmoni, gli ormoni, i globuli bianchi che difendono l’organismo.

Nel sangue abbiamo una parte liquida, composta da acqua, sostanze nutritive, proteine che svolgono le funzioni più varie, ed una parte solida, composta da piccoli esseri (cellule) che possono avere funzione di difesa dal nostro corpo oppure di trasporto di ossigeno.

Questi ultimi sono i globuli rossi, e sono loro che conferiscono la tipica colorazione rossa a tutto il sangue.

L’ossigeno viene inalato dall’animale con la bocca e il naso, assorbito nei polmoni e si “appiccica” ai globuli rossi, che lo portano in ogni parte del corpo. Senza ossigeno gli organi non svolgono le loro funzioni, e in sua assenza si può raggiungere la morte in pochissimi minuti.

L’anemia

Tornando all’argomento principale, l’anemia è la carenza di globuli rossi: sono troppo pochi. Pochi globuli rossi significa poco ossigeno in giro per l’organismo.

Le cause possono essere le più varie: in generale, se ci sono pochi globuli rossi significa o che ne vengono prodotti meno, o che ne vengono distrutti troppi.

Nel primo caso, la minore produzione, generalmente c’è un problema al midollo osseo che produce i globuli rossi, e dovranno essere effettuate indagini approfondite e terapie molto mirate per risolvere il problema. Anche il poco ferro nella dieta, indispensabile per produrli, può portare a carenza di globuli rossi.

L’eccessiva perdita può essere causata da alcune malattie che hanno distrutto i globuli rossi, oppure da ferite o emorragie che hanno fatto uscire il sangue dall’organismo. Naturalmente la carenza di globuli rossi porta a delle conseguenze, che possono essere più o meno gravi in base a quanti ne mancano.

Per prima cosa, l’animale respira affannosamente. È una cosa logica: il corpo non riceve ossigeno perché non ci sono globuli rossi, ma non conoscendo,mil corpo, la causa, cerca di mettere più ossigeno di più all’interno del corpo con la respirazione.

Se gli organi, e in particolare il sistema difensivo, non ricevono “carburante”, l’animale apparirà stanco, avrà poca voglia di muoversi e di mangiare, ci seguirà malvolentieri e dormirà molto. Nei casi più gravi, poi, possiamo avere anche febbre, perché il sistema difensivo dell’organismo risulta indebolito da questa situazione.

Un indice molto importante che tutti dovrebbero conoscere per valutare l’anemia è il colore delle mucose.

Fate adesso questa prova, che vi può essere utile per il futuro. Andate dal vostro cane o dal vostro gatto e alzategli il labbro. Vedrete la mucosa interna, di colore rosa se l’animale sta bene. Ecco, adesso premete con il polpastrello (senza fargli male) sulla parte interna del labbro, sul rosa insomma, per qualche secondo. Togliete il dito e vi renderete conto che il punto dove avete premuto è diventato bianco, perché avete interrotto l’afflusso di sangue per qualche secondo; nel giro di due secondi il colore tornerà normale. Avrete notato, però, che c’è una differenza abbastanza netta tra il bianco del punto dove avete premuto e il rosa della normale mucosa.

Nel caso in cui notaste che il vostro animale presenta i sintomi di cui abbiamo parlato prima, ripetete questa prova (magari mettete questa pagina tra i preferiti, per non perderla).

Se la differenza di colore non sarà così netta come quella che avete appena visto, o addirittura se non ci fosse proprio, significa che c’è qualche problema, ed è necessario rivolgersi quanto prima ad un veterinario, perché c’è anemia (le mucose sono chiare perché nel sangue ci sono meno globuli rossi del normale; sono infatti loro che colorano il sangue di rosso, come dicevamo prima, e di conseguenza le mucose, che sarebbero bianche, diventano rosa).

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Come si curano le anemie

La terapia dell’anemia è ovviamente effettuata dal veterinario. Verificarne la presenza è semplice: bastano delle comunissime analisi del sangue, che misurano il numero di globuli rossi, per sapere che ce ne sono pochi.

Più difficile è capire perché ce ne sono pochi, e da qui iniziano le indagini veterinarie.

In base alla gravità del problema potrebbe essere necessaria una trasfusione di sangue da un altro cane o un altro gatto, mentre quando i problemi sono meno gravi si cerca, in qualche modo, di stimolare l’organismo a produrre più globuli rossi del normale.

In ogni caso, l’anemia è una situazione che dobbiamo conoscere perché qualora si presentasse potremo portare il prima possibile il nostro cane o il nostro gatto dal veterinario.

Agire precocemente è il modo migliore per evitare le conseguenze più gravi di questa situazione.

immagine I tumori nel cane e nel gatto: cosa sono e come si riconoscono

I tumori nel cane e nel gatto: cosa sono e come si riconoscono

In questo articolo parliamo di alcune tra le malattie più gravi che possono colpire i nostri cani o i nostri gatti: parliamo dei tumori.

È un argomento difficile, di cui si parla poco, come se ci fosse una specie di tabù. E invece parlarne, informarsi e soprattutto far capire ai proprietari quanto sia importante tenere sotto controllo i propri animali è l’unico modo per prevenirli o, quantomeno, curarli prima che riescano a fare troppi danni.

ATTENZIONE: Nell’articolo scriverò in modo diretto, senza mezzi termini e giri di parole, per parlare di questo grave problema. Non proseguite con la lettura se siete sensibili o temete questo problema per i vostri animali; fate leggere a qualcun altro e fatevi dire che cosa ho scritto. Perdonatemi, ma mi sembra il modo migliore per trattare questo argomento. Addolcirlo non serve a nulla.

Cosa sono i tumori

Proprio come i medici umani, i veterinari non hanno ancora capito bene perché i tumori si formino. Ci sono alcune malattie che sono direttamente collegate con la loro comparsa (la FeLV nel gatto, la Malattia di Marek negli uccelli) ma nella maggior parte dei casi la loro comparsa è dovuta a fattori su cui, da proprietari, non abbiamo alcun controllo.

Inquinamento, fumo da parte dei padroni, sostanze cancerogene nei cibi sono piccoli input che, a lungo andare, possono portare alla comparsa della cosiddetta neoplasia, la crescita nuova ed incontrollata di una cellula, che inizia a moltiplicarsi senza alcun tipo di controllo da parte dell’organismo.

Nella sua crescita, un tumore (generalmente quelli maligni) può rompersi in più parti, che possono raggiungere punti anche molto distanti dell’organismo dando origine ad un nuovo tumore detto metastasi; se invece dopo la rimozione, un tumore (generalmente quelli benigni) torna nello stesso punto di prima, si parla di recidiva.

La differenza tra benigno e maligno sta nel fatto che il secondo cresce più velocemente e tende a “mangiare” tutto ciò che incontra crescendo. Il benigno è più tranquillo, anche se da una tipologia si può passare ad un’altra.

I tumori possono comparire dappertutto. Polmoni, milza, vescica, mammelle, prostata, non esiste praticamente alcun organo immune.

Inoltre, compaiono solo in animali che hanno una certa età. Perché una neoplasia inizi, c’è bisogno di una serie di stimoli cancerogeni ripetuti, che per motivi di tempo non possono avvenire in un cucciolo, ma possono in un adulto o in un anziano: questa è l’età a cui bisogna prestare più attenzione.

Come capire che un animale ha una neoplasia

Diagnosticare le neoplasie non è semplice. Potendo essere in qualsiasi organo, e poiché non danno necessariamente dei sintomi (pensiamo ad un cancro polmonare, che deve crescere moltissimo prima di dare problemi respiratori) bisogna andare “alla cieca” per cercarli.

Un check-up completo quando il nostro animale inizia ad avere 6-7 anni, da ripetere una o due volte all’anno, è sicuramente un’ottima regola: non andiamo solo dal veterinario quando il cane, o il gatto stanno male. Andiamoci anche quando stanno bene. Non troppo spesso, ma andiamoci, perché continuino a stare bene.

Nel caso di una visita comprendente un’ecografia, sarà il veterinario ad accorgersi se ci fosse qualcosa che non va. Un piccolo nodulo, non ancora cresciuto, si può rimuovere senza troppi problemi con un semplice intervento chirurgico, ed estirpare il problema alla radice. Una grande massa, che magari ha dato delle metastasi, nella maggior parte dei casi non si può rimuovere senza intaccare per sempre l’organo in cui si è sviluppata.

Un consiglio molto importante è di castrare, e sterilizzare, gli animali se non siamo interessati alla riproduzione: togliendo le ovaie e i testicoli toglieremo gli ormoni che fanno crescere mammelle, utero, prostata. E questi organi, non sviluppandosi, non possono sviluppare neoplasie in futuro. Meglio fare l’intervento quando l’animale è ancora piccolo.

Per quanto riguarda gli animali anziani, se non abbiamo effettuato visite di controllo o castrazione, potrebbe capitare di vedere un gonfio da qualche parte del corpo, oppure di notare problemi respiratori o intestinali. Rechiamoci dal veterinario appena possibile, per i motivi di cui parlavamo prima. Non aspettiamo che cresca ancora.

Un caso particolare a cui fare attenzione è l’emangiosarcoma splenico: è uno dei tumori più pericolosi, colpisce il cane e si vede come un gonfio sul fianco sinistro dell’addome. È una neoplasia strana, perché in pratica è una bolla piena di sangue, che può rompersi da un momento all’altro. E se lo fa, provoca una grande emorragia interna che porterà il cane a morte in pochi minuti.

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Non facciamo saltare il cane, facciamolo rimanere più fermo possibile. Adagiamolo noi in auto per portarlo dal veterinario, non facciamolo saltare per salire. Chiediamo un’ecografia quanto prima, per pianificare l’intervento di rimozione della milza, l’unico che può risolvere la situazione.

Se il tumore è benigno, non troppo grande e, soprattutto, non ha dato metastasi, il veterinario può provare a risolverlo con un intervento chirurgico, che lo asporterà. Se questo non fosse possibile, l’alternativa è la chemioterapia, purtroppo molto costosa (è tutto a carico del proprietario), lunga e non sempre risolutiva. La ricerca è ancora in alto mare con il cancro nelle persone, figuriamoci negli animali.

Per questi motivi, se tenete veramente al vostro cane, portatelo come dicevamo prima a fare le visite di controllo. È l’unico modo per accorgerci precocemente di questo tipo di problema, e di mettere in pratica una terapia il prima possibile: cure certe non ne esistono, e nessuno ne è immune. Sono tra le malattie più diffuse, in questi anni, sia nei cani che nei gatti.

immagine La FeLV del gatto: cos’è, come riconoscerla e come prevenirla

La FeLV del gatto: cos’è, come riconoscerla e come prevenirla

I gatti sono molto più soggetti dei cani a contrarre le malattie infettive.

Questo dipende dalle loro abitudini, dai loro comportamenti: mentre un gatto viene lasciato libero di girare, quindi di incontrare altri gatti tra cui molti randagi, un cane sta praticamente sempre con il padrone e, nonostante sia più esposto ad altri pericoli come le esche avvelenate, si riesce a salvaguardarlo abbastanza bene dalla contrazione di malattie infettive.

Una delle malattie più pericolose per il gatto, e più temute dai proprietari insieme alla FIV, è la FeLV, o leucemia virale felina. In questa pagina cercheremo di capire cos’è, quali sono i suoi effetti e soprattutto come è possibile prevenirla.

Che cos’è la FeLV e come si trasmette

La FeLV è una malattia infettiva causata da un virus, per la precisione da un retrovirus, che fa parte della stessa famiglia del nostro virus HIV e del virus che causa la FIV nei gatti. Colpisce solamente i gatti, quindi i padroni dei cani possono stare tranquilli e anche i proprietari dei gatti malati, che non possono contrarre questa malattia in alcun modo.

Il virus entra nell’organismo in molteplici modi, ed è proprio questo che rende la malattia così contagiosa: una volta entrato, infatti, può riprodursi in vari cellule del corpo ma predilige quelle che, a cose normali, dovrebbero difendere il gatto: i linfociti, che sono i “poliziotti” dell’organismo.

Queste cellule si trovano in tutti i tessuti, e spesso vengono eliminati con le secrezioni: saliva, feci, urine. Il virus resiste poco nell’ambiente esterno, quindi non dobbiamo preoccuparci se il gatto passa vicino ad una cacca di gatto che è lì dal giorno precedente, ma piuttosto dobbiamo fare attenzione al contatto diretto con gli altri gatti (specie nella stagione in cui ci sono le gatte in calore) quando si mordono e graffiano tra di loro e lottano per accoppiarsi; dobbiamo fare attenzione, a differenza della FIV, anche al fatto che il gatto possa mangiare o bere da posti dove mangiano, o bevono, anche altri gatti che possono essere malati: il virus è presente nella saliva e se due gatti bevono in contemporanea si può trasmettere, via bocca, da uno all’altro.

Infine, se una gatta è infetta, la malattia può essere trasmessa ai gattini nei primi giorni di vita, e questi possono manifestare la malattia già da quando sono molto piccoli.

Che cosa fa

I sintomi causati dalla presenza del virus variano da gatto a gatto, ed è impossibile prevedere quali saranno: ci sono gatti che addirittura riescono ad eliminare il virus per conto proprio, altri che pur essendo malati non hanno sintomi, altri ancora che li hanno molto generici (febbre, poca voglia di muoversi, poco appetito) e alcuni che manifestano i sintomi più gravi, i linfomi, che di fatto sono dei tumori che possono venir fuori in varie parti del corpo e vanno curati con interventi chirurgici (se possibile) o con la chemioterapia.

Al di là dei problemi che possono causare questi linfomi, dovuti ad una produzione troppo accentuata dei linfociti nel corpo del gatto (situazione che viene chiamata leucemia, da qui il nome della malattia) dobbiamo considerare che queste cellule non lavorano più come dovrebbero, ovvero non difendono più l’organismo. Questo significa che qualsiasi altro virus o batterio entri nel corpo avrà molte più possibilità di fare danno rispetto all’entrare in un gatto che non soffre di FeLV.

Per valutare la presenza di FeLV se vediamo qualcuno di questi sintomi, dobbiamo portare il gatto dal veterinario che farà un semplice esame del sangue. Se questo esame troverà degli anticorpi (delle “armi” che combattono il virus) contro il virus FeLV nel suo sangue, significa che il gatto lo ha incontrato in passato e che potrebbe, con buone probabilità, essere infetto.

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Come si cura e come si previene

Purtroppo, al momento una cura per la FeLV non esiste, come non c’è per molte altre malattie simili (pensate alla HIV). Esistono delle terapie di supporto, basate sulla somministrazione di vitamine e di prodotti che stimolino il sistema immunitario a fare il proprio lavoro, così da garantire una vita dignitosa al gatto malato, ma non guariscono mai dalla malattia.

Per questo l’unico metodo efficace che al momento un proprietario può mettere in pratica è la prevenzione.

Sicuramente impedire al gatto di avere contatti con i randagi è la soluzione migliore, anche se implica non lasciarlo uscire; la castrazione o la sterilizzazione, comunque, fanno perdere al gatto la voglia di girare e diminuiscono drasticamente le possibilità di contrarre la FeLV.

Facciamo attenzione che il nostro micio non mangi o beva da ciotole a cui hanno accesso anche altri gatti non nostri, che potrebbero essere malati; inoltre, se abbiamo un gatto già FeLV-positivo evitiamo di prendere un altro gatto, perché con ogni probabilità prima o poi si infetterebbe anche il secondo.

Facciamo, come sempre, molta attenzione ai sintomi e chiediamo il test per la malattia al veterinario quando ci rendiamo conto che il gatto li manifesta: se è debole, se ci sembra un po’ malaticcio (non che sta malissimo, ma che non sta tanto bene) per diversi giorni.

Se abbiamo un gatto piccolo possiamo invece pensare al vaccino: è un vaccino nuovo, protegge dalla malattia per la maggior parte delle volte (non sempre, però) ed è ancora in fase di miglioramento, a differenza di altri vaccini.

Viene effettuato una prima volta quando il gatto è piccolo e poi rinnovato con richiami annuali, e nonostante non potremo essere matematicamente sicuri che il gatto non contrarrà le FeLV nella sua vita, è sempre meglio di nulla.

Una combinazione tra il vaccino e le altre regole per la prevenzione di cui abbiamo parlato, comunque, dovrebbe garantire una protezione abbastanza certa per il nostro amico a quattro zampe.

immagine Le malattie intestinali del cane e del gatto: come riconoscerle

Le malattie intestinali del cane e del gatto: come riconoscerle

L’organismo dei nostri cani e dei nostri gatti è composto da una serie di organi, che sono le parti del corpo che assolvono a specifiche funzioni.

Non tutti sono uguali: ce ne sono alcuni che, per la loro funzione molto precisa, sono molto protetti e difficilmente si ammalano, come il cervello o il cuore; ce ne sono altri, invece, che hanno continuamente a che fare con sostanze dannose o di scarto e per cui le problematiche, seppur poco gravi, sono all’ordine del giorno.

Tra questi organi troviamo sicuramente l’intestino: chi di voi ha un cane o un gatto che non ha avuto nemmeno un episodio di diarrea nella sua vita?

La diarrea è infatti il sintomo più comune quando ci sono problemi all’intestino, e sebbene alcune volte dipenda da semplici errori di alimentazione che si risolvono da soli, in altri casi le cause di questi problemi possono essere molto, molto più gravi. Cerchiamo di capire come è fatto l’intestino e da cosa possono provenire i problemi.

I problemi intestinali

L’intestino è un lungo tubo che inizia dallo stomaco e termina con l’apertura anale, tramite la quale il materiale che non è stato digerito fuoriesce all’esterno dell’organismo.

Il suo scopo è sia quello di digerire le sostanze nutritive, sia quello di assorbirle e fare in modo che entrino nel sangue così da poter fornire energia ai vari organi.

Si divide in due grandi sezioni: l’intestino tenue, molto lungo e sottile, e l’intestino crasso, più corto ma più largo. Nei cani e nei gatti non ha grandi funzioni perché questi animali mangiano essenzialmente carne, mentre negli erbivori (dove è molto più sviluppato) come i cavalli serve a digerire le fibre che assumono mangiando l’erba.

I problemi dell’intestino dipendono essenzialmente da ciò che è stato ingerito: con il cibo, il nostro cane o il nostro gatto potrebbe mangiare alimenti avariati, qualcosa di non digeribile (della sabbia) o ancora alimenti contenenti dei parassiti o dei batteri pericolosi.

Le sostanze che non sono digeribili, proprio perché non vengono decomposte, creano essenzialmente un’irritazione sulla parete dell’intestino, graffiandola. I parassiti, i batteri ed i virus patogeni, invece, danneggiano direttamente la parete dell’intestino dall’interno perché cercano di oltrepassarla.

Il meccanismo di difesa principale dell’intestino quando capisce che c’è qualcosa che non va è quello di cercare di far transitare verso l’ano, quindi di “buttar fuori”, ciò che è dannoso, e lo fa assorbendo meno acqua del normale. In questo modo le feci rimarranno più liquide ed usciranno meglio. È così che abbiamo la diarrea.

La diarrea: cosa fare se si presenta

Naturalmente la diarrea non è solo dovuta a questo meccanismo di difesa intestinale, ma in molti casi è la combinazione di questo e dell’azione diretta del microrganismo o della sostanza che causa il problema. Alcuni parassiti, ad esempio, danneggiano (o, meglio, mangiano) la parete dell’intestino e fanno fuoriuscire acqua, aggravando il problema.

In generale, sta a noi proprietari fare il primo passo quando il nostro animale presenta episodi di diarrea: dobbiamo infatti osservare il comportamento dell’animale, e per prima cosa vedere quanto a lungo sta durando il sintomo.

Se dura un paio di giorni e poi non si manifesta più, probabilmente la causa era che il cane o il gatto aveva mangiato qualcosa di poco digeribile (come il latte); se perdura per più giorni, potrebbe essere causata da una malattia batterica o virale, e c’è necessità di fare una visita veterinaria che aiuti a capire di che si tratta prima che la situazione degeneri.

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Nelle feci possiamo poi vedere del sangue. Una sola goccia è normale, mentre quantità maggiori e, soprattutto, ripetute, indicano la presenza di un problema; potrebbero essere presenti, ad esempio, dei parassiti intestinali.

A questo proposito, se sono veramente tanti alcuni muoiono (quando sono pochi cercano di non essere buttati fuori con le feci) e si trovano nella cacca. Si vedono, sono bianchi e in certi casi si muovono. Trovarceli significa che è in corso un’infestazione massiva, quindi dobbiamo rivolgerci ad un veterinario quanto prima.

Un altro caso di diarrea possono essere le allergie alimentari: se il sintomo dura da molto tempo ma il cane o il gatto non sta particolarmente male (a vederlo) probabilmente ha questo tipo di problema, è allergico ad un alimento che gli causa una reazione e dobbiamo capire qual è per eliminarlo dalla sua dieta, con l’aiuto del veterinario.

Infine è importante valutare anche la situazione esattamente opposta a quella della diarrea: l’assenza di defecazione. Se l’animale mangia normalmente, deve pur espellere ciò che non viene digerito. Se notiamo che, dalle 2 defecazioni normali al giorno, queste si riducono ad una o addirittura a una ogni due-tre giorni, e magari le feci sono poche, potrebbero essere presenti problemi di scarso movimento intestinale o, ancora peggio, di qualcosa che ostacola il passaggio delle feci: entrambi i casi non sono da sottovalutare e, anzi, bisogna agire per fare in modo che il veterinario si renda conto di qual è il problema e lo risolva quanto prima, spesso con necessità di un intervento chirurgico.

immagine La Toxoplasmosi del gatto: cos’è e qual è il pericolo per le donne in gravidanza

La Toxoplasmosi del gatto: cos’è e qual è il pericolo per le donne in gravidanza

Se avete un gatto, anche da molti anni, ci sta che non abbiate mai sentito parlare di toxoplasmosi, anche se è una malattia caratteristica del gatto. Se invece siete donne, e più precisamente mamme, probabilmente avrete sentito parlare di toxoplasmosi anche se un gatto non lo avete.

In effetti è una malattia un po’ particolare, perché al gatto non da problemi ma è molto pericolosa per le donne incinte, perché può portare, se contratta, alla peggiore delle conseguenze: l’aborto.

Cos’è la toxoplasmosi

La toxoplasmosi è una malattia parassitaria. È causata da un parassita microscopico chiamato Toxoplasma gondii, che ha il suo “ospite definitivo” nel gatto: in pratica, si può riprodurre e fare le sue uova solamente nell’intestino del gatto.

Però nel nostro amico a quattro zampe non da origine ad alcun sintomo: nonostante abiti nel suo intestino, non c’è diarrea, né febbre, né inappetenza... Insomma, niente di niente. Per questo motivo è impossibile sapere se il nostro gatto sia ammalato di toxoplasmosi o meno, e dobbiamo comportarci sempre come se fosse malato, per salvaguardarci. Perché siamo noi uomini a manifestare la malattia, e non i gatti.

In realtà, finché siamo uomini o donne non in gravidanza, non importa fare così tanta attenzione: a queste persone, infatti, la toxoplasma farà venire solo un po’ di diarrea, per un paio di giorni, che comunque è una situazione fastidiosa che conviene evitare.

Gli esemplari di toxoplasma che abbiamo ingerito (vedremo come nel paragrafo seguente) poi verranno espulsi con le feci e torneranno nell’ambiente; qualora venissero ingeriti da un gatto, si riprodurranno nuovamente e il ciclo ricomincerà.

Come si trasmette e come si evita la toxoplasmosi

La toxoplasmosi si trasmette, in pratica, in un solo modo: con le feci. Detto così potrebbe sembrare una cosa un po’ schifosa, ma è un meccanismo del tutto verosimile.

Il gatto, infatti, depone le proprie feci che contengono le “uova” di toxoplasma. Al momento in cui il gatto fa la cacca queste uova sono ancora immature, e non possono infettare nessuno; per maturare ci mettono circa 24 ore, periodo trascorso il quale la cacca, in cui si trovano, sarà seccata. Qualcuno potrebbe pestarla, specie se è stata deposta all’aperto, e sbriciolarla così che le uova di toxoplasma, che altro non sono che granelli di polvere per noi, possono essere respirati da una persona: è così che possiamo infettarci.

Il vento, però, potrebbe portare queste uova anche su una foglia d’insalata, che possiamo mangiare; oppure sull’erba, dove il nostro cane (non gatto!) potrebbe rotolarsi e poi scuotersi, spandendo le uova nell’aria a portata di respirazione umana.

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Come possiamo vedere, le possibilità di contrarre la toxoplasmosi sono molteplici ed è impossibile prevederle tutte. I medici danno dei consigli alle donne in gravidanza consegnando una lista di alimenti da non mangiare, perché è possibile che le uova siano sopravvissute su di essi; spesso uno dei consigli è quello di sbarazzarsi del gatto per evitare problemi, ma questo non è vero. Il nostro micio può coccolarci per tutta la durata della gravidanza senza problemi.

Prima di tutto, il gatto può trasmettere la toxoplasmosi tramite le feci, e non tramite pelo o simili. Possiamo accarezzarlo e tenerlo addosso come meglio crediamo.

Seconda cosa, come abbiamo detto prima le uova diventano mature dopo 24 ore che sono lì, e quando la cacca è fresca non spolvera. Il gatto solitamente defeca nella lettiera, ed è sufficiente pulirla prima che passino 24 ore dalla deposizione. In linea di massima, se la puliamo quattro volte al giorno (mattino, ora di pranzo, tardo pomeriggio e dopo cena) potremo stare tranquilli che le uova non saranno mai pronte per essere infettanti, e se le chiudiamo in un sacco della spazzatura sigillato, e lo gettiamo nel bidone, nessuno si infetterà con le feci del nostro gatto. Se non ci sentiamo sicuri a pulire la lettiera, facciamolo fare a qualcun altro, tipo il marito.

Come abbiamo visto, quindi, nonostante il gatto sia la “fonte” di questa malattia che può diventare anche molto grave, seguendo sia i consigli dei medici sia quelli che abbiamo detto adesso sulla gestione delle feci del gatto, potremo vivere una gravidanza tranquilla e serena, senza la paura continua dello “spettro” della toxoplasmosi.