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La cistite nei cani e nei gatti: una situazione che può essere pericolosa

La cistite è l’infiammazione della vescica. È una patologia molto sottovalutata dai proprietari, e anche se può sembrare strano può portare i propri animali anche alla morte.

In questo articolo cercheremo di capire quali sono le cause di questa situazione, ma soprattutto come rendersi conto che è presente, e appena vediamo che il nostro animale sta male potremo portarlo quanto prima dal veterinario, anche se è un giorno festivo: aspettare troppo potrebbe essere fatale.

Iniziamo subito con il dire che questa situazione colpisce molto più i gatti rispetto ai cani, e molto più i maschi rispetto alle femmine. Se avete un gatto maschio, magari castrato, quindi, fate particolarmente attenzione.

Cos’è la cistite

La cistite è l’infiammazione della vescica, come abbiamo detto prima. La vescica è un organo “di riserva”, che serve a raccogliere le urine, provenienti dai reni, per poi espellerle tutte insieme nei momenti opportuni. Il funzionamento è molto simile a quello della nostra vescica.

Si tratta di un organo che può dilatarsi molto, da quando è pieno a quando è vuoto, ma ovviamente non in modo illimitato per cui l’urina, ad un certo punto, deve essere espulsa.

Ci sono due tipi di cistite: la prima è quella causata dai batteri, simile a quella che possiamo avere in qualsiasi altro organo. Da dolore, irritazione, quando l’animale urina perde un po’ di sangue perché i batteri rovinano la parete della vescica, ma fortunatamente non è ostruttiva. Va curata perché è molto dolorosa, ma viene risolta dal veterinario con un’appropriata terapia antibiotica.

L’altra tipologia è la cistite da cristalli. Non c’entra nulla con le pietre preziose, anzi; sono quelli che comunemente indichiamo come calcoli.

I calcoli si formano a causa di una serie di fattori predisponenti: il primo è la vita sedentaria, meno frequente nei cani perché comunque si portano a fare una passeggiata, più nei gatti. I castrati sono più sedentari degli interi.

Poi c’è l’alimentazione: tanto più è ricca di minerali, in particolare di magnesio, tanto più c’è il rischio che questa sostanza, eliminata dai reni, si accumuli nelle urine; prima formerà dei piccoli congolmerati, chiamati comunemente “renella” e simili a sabbia, poi formerà dei veri e propri sassi.

Queste situazioni, generalmente, non sono complicate da batteri, ma sono pericolose perché prima di tutto sono irritanti (pensate ad avere voi dei sassi nella vescica...) e poi, specie nel maschio dove l’uretra, che attraversa tutto il pene, è lunga, stretta e curva, questi sassolini, cercando di uscire con l’urina, spesso si incastrano causando un blocco vescicale.

 

Blocco vescicale significa che l’urina smette proprio di passare. Inoltre il gatto si sforza, cerca di espellerla e così altri calcoli entrano in uretra, aggravando il problema. E così l’animale rimarrà senza urinare anche per dei giorni.

Avete mai provato la sensazione di avere la vescica piena, magari perché per una o due ore non potevate andare in bagno perché eravate a fare una cosa importante? Ecco, ricordatevi come vi sentivate. E immaginate cosa può voler dire non urinare da due giorni.

Quando non si urina, la vescica si riempie per prima cosa. Quando è impossibile dilatarsi oltre, non si rompe (è molto resistente) ma iniziano a riempirsi gli ureteri, i due tubi che collegano la vescica ai reni. E poi l’urina comincia a premere sui reni, che smettono di funzionare. E siccome sono organi vitali, se non funzionano si muore.

Come si cura

La cosa che mi premeva maggiormente nel paragrafo precedente è farvi capire quanto può essere grave la mancanza di urinazione. Ovviamente ci rendiamo conto che c’è qualche problema, l’animale sta male, sta seduto per cercare un po’ di sollievo, cerca di urinare ma emette solo poche gocce (che di solito gli sporcano il pelo) e può espellere anche del sangue per via dei calcoli che “graffiano” la vescica.

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Dobbiamo portarlo quanto prima dal veterinario, che per prima cosa farà una centesi (una siringa nella vescica per estrarre un po’ di urina, per dare un po’ di sollievo all’animale) poi stabilirà se il problema deriva da batteri (e ci vorranno gli antibiotici) o se è dovuto ai cristalli, che devono essere tolti.

Si prova prima a rispingerli in vescica spingendo con un catetere, se possibile; se non lo è, ci vuole un intervento chirurgico per rimuoverli. L’importante è però che andiamo subito dal medico, perché se passa troppo tempo i reni potrebbero essere compromessi, e non è detto che questo stato si possa curare. Facciamo attenzione, quindi.

Se tutto si risolve per il meglio con i calcoli, il veterinario oltre alle medicine prescriverà un cambio di alimentazione. L’animale starà meglio nel giro di qualche settimana, e a questo punto i proprietari, di solito, tornano alla vecchia alimentazione: questo non va fatto!

I cristalli si formano perché ci sono troppi minerali nel cibo, e tornare al vecchio cibo ricco di minerali invece che al nuovo, che ne è povero, significa far tornare i calcoli dopo qualche mese e iniziare tutto, di nuovo, da capo.

Quando si cambia alimentazione per questo tipo di problemi, bisogna continuare a dare la nuova. Non facciamo i veterinari “autodidatti” solo perché l’animale sta meglio, ma continuiamo con quella che a tutti gli effetti è una terapia. L’animale è predisposto, e non è da escludere che i calcoli possano tornare.

immagine La panleucopenia felina: come prevenire questa grave malattia dei gatti

La panleucopenia felina: come prevenire questa grave malattia dei gatti

Le malattie infettive sono una delle evenienze più pericolose, ma purtroppo anche più frequenti, alle quali il nostro gatto può andare incontro. Il fatto che un gatto giri liberamente per il quartiere, nella maggior parte dei casi, e che venga in contatto con i tanti randagi che ci sono in campagna e in città, lo rende molto più esposto al rischio di contrarre malattie rispetto ad altre specie animali come i cani.

In questo articolo parliamo di panleucopenia felina, conosciuta anche come parvovirosi del gatto o come gastroenterite virale (il virus che la causa è “fratello” di quello che porta la gastroenterite emorragica nel cane, anche se nel gatto l’intestino ha meno problemi).

Si tratta di una malattia infettiva molto pericolosa, mortale nella maggior parte dei casi e soprattutto difficile da eliminare dall’ambiente.

Fortunatamente in questi anni è molto meno frequente grazie alla diffusione del vaccino, uno di quelli obbligatori per il gatto, ma non sempre i mici vengono vaccinati dai proprietari.

Che cos’è

La panleucopenia felina è una malattia virale che deve il suo nome ad uno degli effetti che provoca, ovvero la carenza di globuli bianchi, il sistema difensivo dell’organismo (pan- sta per “tutti”, -leuco- per “bianchi”, -penìa per “mancanza”, quindi “mancanza di tutti i globuli bianchi”). Al di là del nome, che è un rebus, i suoi effetti sono devastanti nell’organismo del gatto.

Fondamentalmente, questo virus distrugge tutto ciò che si trova datanti, e se entra in contatto con un gatto sano e non vaccinato, può portarlo anche alla morte in un solo giorno.

La trasmissione è principalmente diretta, quindi tramite liquidi corporei come feci e urine, perché un gatto guarito o vaccinato continua ad espellere il virus per un mese e mezzo, anche se non mostra i sintomi.

Altra via è il contatto uterino se la mamma è malata (i gattini nascono già infetti e moriranno qualche giorno dopo la nascita).

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Infine, il virus si trasmette tramite l’ambiente, se è passato un gatto malato che ha urinato o defecato da qualsiasi parte.

Il virus è resistentissimo, e in casa l’unico modo per distruggerlo è lavare tutto con candeggina, unico detergente che funziona, compresi pavimenti e ciotole. All’aperto è praticamente impossibile fare qualcosa, invece.

Che cosa fa

Il virus della panleucopenia, essenzialmente, fa danni. Danni di qualsiasi tipo. Se viene preso da un gattino piccolo, il cui sistema immunitario non è ancora sviluppato, a meno che la mamma fosse vaccinata con ogni probabilità non riuscirà a sopravvivere. Lo stesso vale per un gatto adulto immunodepresso (che ha la FIV).

In questi casi non c’è proprio nulla da fare, il gatto muore all’improvviso per shock ma non ci rendiamo conto di nulla, non vediamo nemmeno che sta male. Improvvisamente, nel giro di qualche ora, è sempre più debole, per poi accasciarsi. E non c’è cura.

Se il gatto era adulto ma non vaccinato e stava bene, invece, si può fare qualcosa; abbiamo in questo caso febbre altissima, vomito, disidratazione, il veterinario troverà linfonodi grandissimi; ovviamente deve essere portato subito, perché per prima cosa va reidratato, ma poi va lasciato in clinica per diversi giorni. La guarigione completa può richiedere anche più di un mese, ed è molto lenta, per cui è bene evitare che si possa verificare una situazione del genere.

Come prevenirla

La prevenzione è quindi l’unica cosa che possiamo fare per garantire al nostro gatto che non potrà contrarre questa grave malattia.

Come già detto, tutti i veterinari consigliano di vaccinare i gattini piccoli, e i proprietari lo fanno; non ci pensano, invece, se prendono un gatto già grande, trovatello, che inizia a stabilirsi intorno a casa perché gli diamo da mangiare e poi “fa amicizia” con noi.

Se non sappiamo lo stato vaccinale, è bene portarlo da un veterinario e farlo vaccinare, anche se è già adulto. Se è femmina, non sterilizzata, a maggior ragione va vaccinata perché potrebbe far morire i gattini se avesse superato la malattia ma avesse ancora il virus in corpo.

Se, invece, abbiamo già avuto in casa un gatto con panleucopenia, se questo è morto aspettiamo diversi mesi prima di prendere un nuovo gattino (vaccinato!!!), lavando tutto con candeggina più volte per essere sicuri di eliminare il virus dall’abitazione.

Se abbiamo più gatti e uno è malato, invece, va isolato dagli altri per diversi mesi, anche se è guarito nel frattempo, perché le conseguenze per gli altri potrebbero non essere piacevoli. Effettivamente il problema è maggiore in questi casi, e sarebbe meglio chiedere a qualcuno che non ha gatti di tenerlo per un po’.

Chiudiamo con una buona notizia: nonostante i cani abbiano una malattia causata da un virus molto simile, sono completamente immuni alla panleucopenia: se avete un gatto malato, il vostro cane non corre rischi e potete stare tranquilli.

immagine Le malattie dell’apparato riproduttore maschile nel cane e nel gatto

Le malattie dell’apparato riproduttore maschile nel cane e nel gatto

Quando abbiamo intenzione di prendere un cane o un gatto, spesso pensiamo ad una componente fondamentale nella scelta: il sesso. C’è chi preferisce la femmina e chi il maschio per ragioni di “simpatia”, ma molti proprietari preferiscono il sesso maschile perché pensano che sia meno problematico.

I maschi non hanno possibilità di avere gravidanze indesiderate, così come non possono avere malattie pericolose come la piometra o fastidiose come la mastite. E poi non vanno castrati necessariamente, come avviene per le femmine.

Che queste opinioni siano giuste o sbagliate sarà ognuno di noi a stabilirlo, fatto sta che anche i maschi hanno i loro grattacapi, per quanto riguarda gli “attributi” che alle femmine mancano. In questo articolo ci occupiamo delle principali malattie dell’apparato riproduttore maschile.

I testicoli

Partiamo da dove tutto ha inizio: per fecondare un ovocita femminile c’è bisogno di un gamete maschile, che si chiama spermatozoo. Queste cellule vengono prodotte nel testicolo, il corrispettivo dell’ovaia della femmina. I testicoli si trovano all’esterno dell’addome, chiusi in una sacca cutanea detta “scroto” e sono facilmente visibili dall’esterno.

Il criptorchidismo è una delle patologie più comuni, che si ha quando uno o entrambi i testicoli non scendono nello scroto. I testicoli originano in addome, dove sono le ovaie nelle femmine (sotto ai reni), poi si spostano verso il basso nei primi mesi di vita del cane o del gatto. A volte non lo fanno, e il testicolo non sceso non sarà in grado di produrre spermatozoi.

Non comporta alcun problema per l’animale, ma visto che è un organo che potrebbe, in futuro, avere una neoplasia, conviene toglierlo con un semplice intervento chirurgico. Tanto non funziona.

Alcune patologie simili sono il monorchismo, quando l’animale ha un solo testicolo perché l’altro non si è formato, e l’ectopia testicolare, quando il testicolo invece di scendere nello scroto scende un po’ più avanti, lateralmente al pene. In questo caso il testicolo, anche se in posizione sbagliata, funziona benissimo.

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L’ernia inguinale avviene quando a scendere nello scroto, invece dei testicoli, è un altro organo, come l’intestino. È molto doloroso per il cane, anche perché il cibo non riesce a transitare correttamente e preme dall’interno sui testicoli, per cui dobbiamo portare il cane quanto prima da un veterinario per la risoluzione, con un semplice intervento chirurgico che rimuoverà l’organo “di troppo”.

Ci sono poi i tumori, le neoplasie testicolari. Funzionano come tutte le altre neoplasie, con la differenza che essendo in un organo abbastanza “appartato” generalmente non portano a problematiche gravi. Il rischio di metastasi, comunque, c’è e se vediamo un testicolo più grande dell’altro (quando prima erano uguali) dobbiamo rivolgerci al veterinario per un controllo e, nel caso, fare quanto prima l’intervento di castrazione.

L’orchite e l’epididimite sono le infiammazioni, rispettivamente, del testicolo e della prima parte del canale che porta gli spermatozoi all’esterno (l’epididimo, appunto). Sono situazioni molto dolorose, il cane o il gatto potrebbero avere febbre e diventare aggressivi se cerchiamo di toccargli i testicoli. In America è diffusa la Brucella canis, un batterio che causa questi problemi e si trasmette per via venerea.

Per quanto dolorosa è abbastanza semplice da risolvere, grazie alle terapie antibiotiche ed antidolorifiche che dureranno un paio di settimane.

La prostata

Il “viaggio” degli spermatozoi inizia nei testicoli, dove nascono. Quindi transitano dall’epididimo, poi dai dotti deferenti, dei tubi che li conducono alla loro direzione definitiva, l’uretra, che termina sulla punta del pene dal quale saranno espulsi.

È all’unione dei dotti deferenti, quindi all’inizio dell’uretra, che si trova la prostata (è messa “a cavallo” dell’uretra) una ghiandola che unisce agli spermatozoi il liquido prostatico che fornisce la tipica consistenza al seme. Questo liquido ricco di zuccheri nutre gli spermatozoi nel loro viaggio.

I cani anziani possono avere problemi prostatici.

L’ipertrofia prostatica benigna è una delle patologie più comuni, colpisce i cani che hanno più di otto anni, non castrati. La prostata aumenta di volume e “strozza” l’uretra rendendo difficile il passaggio di seme ed urina, e provocando dolore e perdita di sangue. Diminuisce di volume spontaneamente se il cane viene castrato.

La prostatite è invece l’infiammazione della ghiandola, ed è molto dolorosa, causata da batteri e che può portare a febbre: viene trattata con gli antibiotici, per qualche settimana, per non avere più problemi. È dolorosa, il cane ha difficoltà a urinare e rifiuta di accoppiarsi.

Infine anche la prostata può avere dei tumori: il più comune è l’adenocarcinoma, che è maligno. Crescendo provoca gli stessi sintomi della prostatite o dell’ipertrofia, quindi dolore nell’urinare, e sarà il veterinario a capire che cosa non va: la terapia è la completa rimozione chirurgica della prostata, così da evitare anche le metastasi future.

Per quanto riguarda, infine, le patologie del pene, queste non sono molto frequenti, e possono essere dovute a traumi (morsi, colpi) o a infezioni contratte per via venerea durante l’accoppiamento. Accoppiamento che, mentre per i cani non provoca problemi particolarmente gravi, nei gatti può trasmettere malattie pericolose come la FIV o la FeLV.

Le problematiche al pene si notano dal fatto che, essendo un organo pieno di sangue, l’emissione di urina sarà preceduta dall’emissione di qualche goccia di sangue. È opportuno fare una visita per capire dove sia il problema.

Ricordiamo comunque che per tutte queste patologie (a parte l’adenocarcinoma prostatico) la castrazione del maschio è risolutiva; a meno che vogliamo far riprodurre il cane o il gatto, possiamo prevenirle tutte con un intervento chirurgico semplice (molto più che nella femmina) ed economico.

Cambia poco il comportamento dell’animale, che perdendo l’istinto sessuale tenderà a stare più vicino a noi (specialmente il gatto) e risolve in una volta sola moltissime potenziali malattie.

immagine Le allergie nel cane e nel gatto: cosa sono e come prevenirle?

Le allergie nel cane e nel gatto: cosa sono e come prevenirle?

Proprio come noi esseri umani, i nostri amici a quattro zampe possono, nel corso della loro vita, sviluppare delle allergie. Ma come funzionano, esattamente, queste patologie, e come è possibile evitarle?

Che cosa sono

Le allergie sono reazioni esagerate del nostro organismo contro dei prodotti normalmente presenti nell’ambiente che non sono assolutamente dannosi.

L’organismo, per predisposizione genetica o per la troppa esposizione a queste sostanze, inizia a credere che siano dannose anche se non lo sono assolutamente. Comuni alimenti come il pollo o il latte, piuttosto che sostanze presenti normalmente nell’aria come gli acari o il polline delle piante stimolano, quando entrano in contatto con l’organismo di un animale allergico, una reazione simile a quella che avverrebbe se ci fosse qualcosa di molto più pericoloso. Reazione del tutto ingiustificata.

Così, la sostanza entra in contatto per via cutanea, respiratoria o digerente con il corpo, che reagisce liberando una sostanza detta istamina: l’istamina, a sua volta, stimola una reazione che porta ad una grande dilatazione dei vasi sanguigni, che portano sangue e cellule difensive nel punto in cui è avvenuto il contatto. Il corpo, in pratica, si prepara ad una guerra. Una guerra contro nessuno.

Questa forte infiammazione può portare alla comparsa di sintomi che variano in base alla parte interessata. Un’esposizione cutanea può causare prurito e arrossamento della pelle, in certi casi anche dolore. Il contatto tramite apparato digerente, tra il corpo e un alimento che è stato ingerito, causa irritazione dell’apparato che può manifestarsi in sintomi come il vomito e la diarrea.

L’apparato che ha le reazioni più gravi è però quello respiratorio, perché generalmente ad avere la reazione è la laringe, la “gola”. Qui ad irritarsi sono le pareti, che in alcuni casi danno luogo semplicemente a colpi di tosse e starnuti, mentre nei casi più gravi possono ingrandirsi talmente tanto da ostacolare il passaggio dell’aria tra la bocca e i polmoni, portando anche al soffocamento.

Una delle conseguenze più gravi di questa situazione è però lo shock anafilattico: questo avviene quando il contatto con l’allergene è talmente intenso (generalmente se è stato ingerito) che tantissimo sangue viene richiamato nel punto dove si ha la reazione.

Se il sangue si concentra tutto in quel punto, non ne rimarrà abbastanza per far funzionare organi vitali come i polmoni, il cuore o il cervello, e se non si agisce in fretta questa situazione può portare a morte in pochissimo tempo.

Come curare e prevenire le allergie

Purtroppo, al momento non esiste una cura vera e propria per le allergie.

Esistono però medicine che calmano la reazione allergica, e sono gli antistaminici, farmaci che contrastano l’azione della sostanza che da inizio a tutta la reazione, l’istamina di cui abbiamo parlato prima.

Se siamo consapevoli che il nostro cane o il nostro gatto sono allergici a qualcosa, dobbiamo tenere sempre questi medicinali a portata di mano e somministrarli noi stessi nel caso si presentasse una reazione, perché il tempo per recarci da un veterinario potrebbe essere troppo. Ovviamente è il veterinario a dover prescrivere questi medicinali.

Se invece non sappiamo se effettivamente il cane o il gatto siano o meno allergici a qualcosa, osserviamo se hanno dei sintomi particolari come la diarrea persistente, degli arrossamenti cutanei e qualche difficoltà respiratoria, non continuativa ma che “esplode” in certi momenti ben precisi.

Con i consigli del veterinario, dovremo cercare di capire che cosa provoca allergia, e cercare di allontanare l’animale o di evitare proprio il contatto.

Per i cibi, togliamo man mano ogni alimento che mangia, alternativamente, e vediamo quando la diarrea si calma. Se, ad esempio, per una settimana non diamo il pollo e l’animale sta bene potrebbe essere proprio allergico al pollo.

Per le reazioni cutanee dobbiamo fare attenzione alle abitudini del cane e a cosa entra in contatto, tra cui le piante. Se le reazioni sono sopra alla schiena, l’allergene sarà qualcosa di più alto del cane, se sono sotto la pancia potrebbe essere una particolare erba, se riguardano solo le zampe qualcosa che si trova per terra: ragioniamo in questo senso per cercare di capire cosa sia l’allergene e quando lo avremo capito evitiamo il contatto.

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Infine, per quanto riguarda le reazioni respiratorie dobbiamo fare attenzione a tutto ciò che può essere nell’aria: polline (l’allergia si presenterà stagionalmente), fieno (si presenterà quando l’animale entra nel fienile, se lo abbiamo) pelo di qualche animale (di gatto, ad esempio, se è un cane). Chiaramente dovremo evitare quanto più possibile che l’animale sia esposto all’allergene.

Le allergie, infatti, non possono essere curate, ma si possono prevenire le reazioni allergiche: ci vuole pazienza ed attenzione, ma possiamo garantire al nostro cane o al nostro gatto una vita praticamente normale.

immagine Pulci e zecche: qual è la differenza e come si riconoscono sugli animali

Pulci e zecche: qual è la differenza e come si riconoscono sugli animali

La stagione primaverile porta con sé, dopo il duro inverno, tante belle cose: i fiori, l’erba verde, un clima mite, giornate più lunghe... ma anche qualcosa che non ci piace molto, o quantomeno che non piace molto ai nostri animali, come le pulci e le zecche.

Entrambi sono parassiti, ovvero animali che vivono a spese di un altro animale; per la precisione, sono parassiti cutanei perché a differenza di altri parassiti non entrano all’interno dell’organismo ma si limitano a stare sulla superficie, causando ovviamente problemi.

In questa pagina cerchiamo di capire qual è la differenza tra le pulci e le zecche, quindi come si riconoscono nel caso fossero presenti sulla pelle del nostro animale.

Questi parassiti non sono pericolosi in sé, ma in quanto possono trasmettere delle malattie tra gli animali, per questo è essenziale la prevenzione e, nel caso il nostro cane o il nostro gatto le avesse contratte, una visita veterinaria che andrà ad escludere la presenza delle malattie trasmesse da questi animaletti.

Le pulci

Probabilmente non avrete mai visto una pulce, e non ne vedrete nemmeno sul pelo del vostro animale domestico.

Infatti sono animaletti molto veloci, che corrono e saltano (anche se non volano), piatte in senso laterale, che si nutrono del sangue che estraggono dall’animale bucando la sua pelle. Dall’animale oppure dall’uomo, senza differenze particolari, perché può colpire anche noi.

Se spostiamo il pelo dell’animale per cercarle, loro si sposteranno o salteranno, ed è per questo che sono difficili da vedere. Fortunatamente lasciano tracce del loro passaggio, ovvero le feci. Se facciamo caso alle radici del pelo, specie se è chiaro, ma anche se è nero perché sono in contrasto con il bianco della pelle, vedremo tanti puntini neri: quelli sono le feci delle pulci, e se ci sono le feci significa che ci sono anche le pulci.

Se ci rendiamo conto di questa situazione conviene fare il prima possibile una visita veterinaria perché le pulci possono causare allergia (ma ce ne renderemmo conto subito) oppure possono trasmettere il Dypilidium caninum, che a scapito del nome colpisce anche il gatto oltre al cane, ed è una pericolosa tenia che vive nell’intestino.

È importante prevenirle con l’antiparassitario, di cui parleremo più avanti, perché possono saltare sul corpo del nostro animale anche solo quando sfiora un altro animale che gli passa vicino.

Le zecche

Discorso totalmente diverso per le zecche, che probabilmente avremo visto tutti almeno una volta. Questi animaletti, molto piccoli, vivono nell’erba e potrebbero anche continuare a viverci senza dare problemi agli altri animali, sennonché, proprio come le zanzare, hanno bisogno di sangue per far maturare le proprie uova.

Così si arrampicano sul corpo degli animali, li mordono sulla cute e lì rimangono, gonfiando fino a diventare “palloncini” lunghe più di mezzo centimetro, grigiastre, che si vedono molto bene. Stanno lì per un po’ di giorni e poi si staccano da sole, ma se nel frattempo hanno dentro un microrganismo che causa una malattia, questo passerà nel sangue del cane o del gatto; per questo vanno rimosse quanto prima, nel caso con l’aiuto veterinario se non sappiamo come fare perché rischieremmo di lasciare la bocca infissa nella pelle, che causerebbe un’infezione.

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Nel gatto trasmettono poche malattie, mentre nel cane la Babesiosi, l’Erlichiosi e la Rickettsiosi sono tutte malattie trasmesse da zecche, per cui è importante una visita veterinaria per essere sicuri che non ci siano problemi, dopo aver tolto la zecca.

Gli antiparassitari

Il metodo migliore per prevenire i problemi di cui abbiamo appena parlato è quello di utilizzare l’antiparassitario, prodotto che si trova in qualsiasi negozio di animali (non è necessario andare in farmacia) e che si distribuisce sulla schiena dell’animale circa una volta al mese.

Questo prodotto va dato anche, e soprattutto, quando pulci e zecche non ci sono: infatti, è puzzolente (per loro) e non le invoglia a salire sul nostro animale, quindi di fatto lo protegge da questi parassiti.

Dare l’antiparassitario quando ci sono già questi animali è completamente inutile; ci vuole, in questi casi, un farmaco che le uccida, e che deve essere prescritto dal veterinario.

Non dimentichiamo quindi di dare l’antiparassitario, nemmeno nei mesi invernali; pulci e zecche, infatti, sopravvivono anche in quel periodo dell’anno, e spesso lo fanno sotto forma di larve microscopiche in casa nostra, dove c’è caldo. Prestiamo attenzione a non dimenticare questa piccola, ma importante, abitudine.

immagine a piodermite del cane e del gatto: un prurito da non sottovalutare

La piodermite del cane e del gatto: un prurito da non sottovalutare

Tra le parti del corpo che compongono l’organismo dei nostri amici a quattro zampe, una delle più importanti, anche se spesso tendiamo a sottovalutare la sua funzione, è la pelle.

È molto estesa, ricopre tutto il corpo ed ha l’importantissima funzione di proteggere tutto ciò che si trova sotto di essa, dai muscoli agli altri organi.

L’ambiente esterno, infatti, è molto sporco. L’inquinamento dell’aria, i batteri e i virus che ci sono praticamente sempre nonché tutti quelli che ricoprono ogni oggetto che ci circonda sono dei potenziali pericoli da cui proteggersi.

Tuttavia, a volte anche la pelle si ammala. Le malattie cutanee sono molte, e di molti tipi, e in questa pagina ci occupiamo di una particolare categoria che è quella delle piodermiti: si tratta di una serie di piccole infezioni cutanee che, in certi casi, possono portare anche alla presenza di pus (che non si vede, però, perché non c’è un grande ascesso ma tanti accessi piccolissimi).

Cos’è la piodermite

La pelle, abbiamo detto, protegge dai pericoli provenienti dall’esterno, ma è essa stessa molto sporca: sulla sua superficie vivono una serie di batteri tra cui gli stafilococchi, che fin quando il cane sta bene non danno alcun tipo di problema. Non sono problematici nemmeno se il cane si lecca, perché ingerendoli ci pensa lo stomaco a distruggerli.

Gli stafilococchi vivono anche sulla pelle del gatto, ma sono meno propensi a creare infezioni benché comunque sia possibile che compaiano.

Ma se la pelle è così protettiva, perché da un giorno ad un altro questi microrganismi cominciano a fare danno? Perché ci sono altri tipi di problematiche, che indeboliscono tutto l’organismo e quindi anche la pelle, per cui gli stafilococchi trovano meno resistenze da parte del cane o del gatto e iniziano a riprodursi.

Lo fanno intorno alla base del pelo e intorno alla radice del pelo, nel follicolo pilifero (immaginate il pelo come una pianta, radice compresa), dove si nutrono della pelle del cane e possono creare pus. Questo causa prurito all’animale, che inizia a grattarsi; la parte interessata dalla piodermite diventa arrossata, e in certi casi i peli cadono perché sono indeboliti.

In base a qual è il problema che causa la piodermite, questa può essere superficiale, se interessa solamente il contorno del pelo ed è anche più facile da rimuovere, oppure profonda, che richiede un trattamento più accurato perché interessa la parte più interna della pelle, il derma.

Una buona notizia, però: la piodermite non è contagiosa. Alla luce di ciò che abbiamo detto, se vedete un cane che ha questo problema potete farlo tranquillamente giocare con il vostro, perché lui, che sta bene, ha comunque già sulla sua pelle gli stafilococchi che causano la malattia.

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Come si riconosce e come si cura

Riconoscere la malattia è molto importante, perché come dicevamo non è un grande problema per il cane (più che altro è fastidiosa) ma bisogna capire qual è la malattia che ha dato il “via libera” all’insorgere della piodermite, perché potrebbe essere piuttosto grave.

Tra queste ci possono essere le allergie, generalmente ad un alimento, e dobbiamo scoprire cosa le causa per toglierlo dalla dieta e prevenire problemi intestinali; squilibri ormonali, che possono essere causati da problemi alla tiroide o al pancreas (diabete) che vanno tenuti sotto controllo; malattie parassitarie che hanno in qualche modo indebolito le difese immunitarie.

Naturalmente deve essere il veterinario a scoprire di quale malattia si tratta, ma sta a noi notare che il cane ha delle grandi aree arrossate sulla pelle e che si gratta molto intensamente, a volte perdendo il pelo, e portarlo dal veterinario se questa situazione perdura per più di qualche giorno.

Il veterinario si occuperà quindi, oltre che di scoprire quale malattia favorisce la piodermite e prescrivere una terapia appropriata, di curare le piodermite. Per prima cosa verranno prescritti degli antibiotici, medicinali che diffondono per tutto il corpo, quindi anche alla pelle, e che vanno ad uccidere tutti gli stafilococchi che sono penetrati in profondità nella cute.

Se la piodermite è profonda e scende molto in basso potrebbe essere necessario fare anche dei bagni disinfettanti, da ripetere più volte con prodotti che sarà il veterinario ad indicare. Con la combinazione di questi due prodotti che vanno ad uccidere i microrganismi sia da fuori che da dentro la piodermite scomparirà completamente nel giro di qualche settimana.

È importante, però, prestare attenzione e seguire anche l’altra problematica, quella causante, che deve essere tenuta assolutamente sotto controllo, o le conseguenze potrebbero essere molto più gravi rispetto a quelle di una “semplice” piodermite.