Toxoplasmosi e gravidanza: i miti da sfatare
Troppo spesso i gatti diventano le sfortunate ed inconsapevoli vittime della disinformazione riguardo alla toxoplasmosi, una brutta malattia che può causare gravi danni nelle donne in gravidanza. Sono molte, infatti, le famiglie che abbandonano o allontanano l’amato Fuffi in previsione o alla notizia del bebè in arrivo. Ma questa infelice decisione non è assolutamente necessaria: scopriamo perché.
Cos’è la toxoplasmosi
Come abbiamo ampiamente discusso nell’articolo interamente dedicato all’argomento (potete consultarlo cliccando su questo link), la toxoplasmosi è una malattia infettiva parassitaria causata da un protozoo, chiamato Toxoplasma gondii. Cerchiamo di semplificare il più possibile il comportamento di questo piccolo parassita.
Il gatto elimina le “uova” di Toxoplasma contenute all’interno delle feci nella lettiera, in giardino o nei campi. Queste “uova” non sono ancora pericolose, ma sono necessarie circa 24-48 ore prima che lo diventino, ad una temperatura di circa 24°C e con elevata umidità. Trascorso questo periodo di tempo, se vengono ingerite dall’uomo, altri gatti, cani, topi, uccelli e animali in genere, arrivano nell’intestino, schiudono e vanno a finire nel sangue. Da qui riescono a viaggiare fino a raggiungere diverse sedi, tra le quali la più importante sono i muscoli, ma talvolta riescono ad arrivare fino agli occhi, al cervello, al cuore, al fegato o ai polmoni. Una volta che si sono stabiliti in una sede, vengono inglobati in una cisti protettiva. Quando il gatto caccia una piccola preda contenente queste cisti, ma anche se gli offriamo della carne cruda contaminata, assumerà chiaramente anche il parassita, che riuscirà a riprodursi fino a produrre ed eliminare nuove “uova”. È così che il ciclo ricomincia.
Ma cosa provoca questo parassita nell’organismo?
Nella maggior parte dei casi assolutamente nulla, sia nell’uomo che negli animali. Al massimo, può capitare di sentirsi stanchi, spossati, magari con un po’ di diarrea e febbre, ma niente di più. Se invece parliamo di persone o animali il cui sistema immunitario non è abbastanza forte, le conseguenze possono essere più serie, con la presenza di encefaliti, epilessia, sindrome vestibolare, infiammazioni dell’occhio – uveite nel gatto, corioretiniti nell’uomo – e problemi al fegato, ai polmoni o al cuore.
Quali sono i rischi in gravidanza?
Decisamente diverso è il discorso per le donne in gravidanza. Toxoplasma gondii, infatti, è in grado di attraversare la placenta fino a raggiungere il feto. In questi casi può provocare conseguenze diverse a seconda del periodo della gestazione. In poche parole, i primi sei mesi sono il periodo più critico per il feto, che non ha ancora delle difese adeguate per impedire al parassita di colonizzarlo e danneggiarlo.
Le conseguenze vanno dall’aborto fino alla nascita di feti morti o bambini con gravi malformazioni neurologiche. Tra queste le principali sono soprattutto cecità, ritardo mentale, epilessia. Man mano che ci si avvicina al termine della gravidanza, invece, aumentano le probabilità che il bambino nasca perfettamente sano.
Tuttavia c’è da considerare che, se le conseguenze per il feto sono maggiori all’inizio e a metà della gravidanza, in questo periodo il rischio che Toxoplasma gondii riesca effettivamente ad infettarlo sono minori. In poche parole, nei primi mesi è più difficile che il parassita raggiunga il feto, ma se riuscisse a farlo, le conseguenze sarebbero molto gravi. Al contrario, negli ultimi tre mesi può infettarlo con più facilità, ma ormai non è più così pericoloso.
Come evitare la toxoplasmosi
Arriviamo adesso al punto più importante. Troppe mezze verità e leggende metropolitane circolano sulla toxoplasmosi, in particolare riguardo alla vicinanza con i gatti. Pensiamo alle centinaia di donne che, non appena scoprono di essere in attesa, mandano via per sempre il tanto amato Fuffi. Per carità, la paura per la gravidanza è assolutamente comprensibile, ma l’unica cosa che serve davvero è una giusta e scientifica informazione riguardo a questa malattia.
Pensiamo che le probabilità che il gatto riesca a trasmettere l’infezione all’uomo sono davvero bassissime. Spieghiamo subito il perché:
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I gatti che contraggono il parassita, lo ospitano solo per brevi periodi di tempo ed eliminano le “uova” con le feci al massimo per 1-2 settimane, spesso neppure ogni volta che fanno la cacca. Dopo di che, diventano naturalmente resistenti all’infezione e non ne elimineranno più;
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Soprattutto se parliamo di gatti randagi, è probabile che abbiano già contratto in passato la toxoplasmosi, per cui non produrranno più le “uova” in futuro;
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Le “uova” di Toxoplasma gondii, una volta espulse con le feci, diventano pericolose solo dopo 24-48 ore e chi vive con un gatto difficilmente lascia la lettiera sporca per più di un giorno intero;
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Per poter assumere le “uova”, dovresti pulire la lettiera (dopo averla lasciata incolta per più di 24 ore) e poi, senza lavarti le mani, dovresti toccarti le labbra, mangiarti le unghie o metterti a cucinare.
Ma come si trasmette allora la toxoplasmosi?
Ebbene, care future mamme, dovreste sapere che la toxoplasmosi viene trasmessa soprattutto con il cibo e con le cattive abitudini. In particolare:
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Consumo di frutta, verdura o ortaggi crudi e non lavati bene, che siano entrati a contatto con il terreno (in poche parole, se cogliete una mela dall’albero non ci sono rischi, ma se questa è caduta sul terreno si);
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Consumo di salumi crudi (prosciutto crudo, salame, bresaola, wurstel) e carne cruda o poco cotta;
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Contaminazione di stoviglie e piani da lavoro durante la preparazione di pietanze a base di questi alimenti a rischio;
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Pulizia della lettiera del gatto poco frequente, senza guanti o toccando il viso e gli alimenti senza lavarsi le mani;
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Operazioni di giardinaggio senza guanti o protezioni.
Il test per la toxoplasmosi in gravidanza
A tutte le donne che stiano programmando una gravidanza o che siano già in attesa viene sempre consigliato un semplicissimo esame del sangue. Questo test va a cercare due tipi di anticorpi diversi nei confronti del parassita: IgM e IgG. Le IgM sono le prime ad essere prodotte quando si viene a contatto con un microrganismo, ma scompaiono anche rapidamente, in massimo 2-3 settimane. Al contrario, le IgG vengono prodotte subito dopo, ma durano per tantissimo tempo, garantendo una buona protezione per la donna e anche per il suo bambino, a prescindere dal periodo della gravidanza. I risultati del test possono essere diversi:
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IgM positive, IgG negative: attenzione, infezione in corso! Il parassita gira indisturbato nell’organismo e può raggiungere il feto;
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IgM negative, IgG positive: probabilmente nemmeno te ne sei accorta, ma in passato hai già avuto la toxoplasmosi, ma niente paura, perché hai anticorpi adatti per proteggere il tuo bambino;
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IgM negative, IgG negative: non hai mai avuto la toxoplasmosi, né in passato, né attualmente, per cui devi fare attenzione se sei in attesa;
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IgM positive, IgG positive: probabilmente sei entrata in contatto con il parassita da 2-3 settimane o comunque non da molto, per cui il sistema immunitario deve ancora ultimare la produzione di anticorpi IgG effettivamente protettivi. In questi casi è necessario ripetere il test a distanza di circa 20 giorni oppure puoi richiedere il cosiddetto “test di avidità”, che consente di datare con precisione l’infezione.
Anche l’amniocentesi è in grado di fornire una buona diagnosi sull’eventuale presenza del parassita nel liquido amniotico.