È vietato dare da mangiare a cani e gatti randagi? Secondo la Legge no
Negli ultimi giorni stiamo sentendo molto parlare della questione del randagismo, con particolare riferimento alla possibilità di dare da mangiare e da bere agli animali randagi. Siamo in estate, e la vita di molti cani e gatti che vivono in strada ed in campagna può davvero dipendere da una semplice ciotola d’acqua ed un tozzo di pane. La Legge, però, sembra ancora poco chiara a riguardo.
Che non tutti i cittadini ed i politici siano amanti degli animali è un dato di fatto. Ma in alcuni casi, l’indifferenza rasenta addirittura il livello del maltrattamento. Nell’ultimo periodo, infatti, stiamo assistendo ad una vera e propria sfilata di notizie e casi al limite dell’incredibile, in cui i sindaci vietano alla popolazione di prendersi cura dei randagi, sfamandoli e dissetandoli.
Tutto questo risulta decisamente assurdo, soprattutto se paragonato alla recente decisione dell'amministrazione comunale di Istanbul, che ha deciso di dotare l'intera città di originali dispenser, che in cambio di una bottiglia di plastica da riciclare, erogano una manciata di crocchette per animali randagi, che potranno usufruirne al momento del bisogno.
Parliamo, per esempio, della donna di Siliqua, in provincia di Cagliari, che nel 2009 si è ritrovata tra le mani una multa di ben 105 euro, per aver offerto da mangiare e da bere ad un povero cane randagio in fin di vita di fronte alla scuola materna del paese. Il Sindaco, in questo caso, si è appellato all’ordinanza 38 del 1 aprile 2009, secondo cui è vietato nutrire un randagio. A nulla sono servite le proteste ed i ricorsi della signora nei confronti dei vigili urbani e del sindaco.
Un evento simile si è verificato nel 2012 a San Vito dei Normanni, nel brindisino, in cui il sindaco Alberto Magli aveva emanato un’ordinanza per vietare di sfamare gli animali randagi, dietro una relazione dell’Asl locale, che denunciava “un aumento dell’imbrattamento del suolo pubblico con conseguente aumentato rischio di trasmissione di infezioni da ecto ed endoparassiti alla popolazione”. L’esito della questione era chiaro: “è fatto divieto nel perimetro urbano di somministrare cibo ad animali vaganti sul territorio”.
Anche in questo caso, i cittadini non hanno accettato la decisione, facendo ricorso tramite le associazioni animaliste “Lega per l’abolizione della caccia” e “Earth” direttamente al Tar di Lecce. Il Giudice ha accolto la protesta degli animalisti, ritenendo priva di fondamento la dichiarazione dell’Asl, che non aveva mai apportato alcuna prova reale e verificabile, come risulta dal testo ufficiale. Ma non è tutto. Infatti, l’ordinanza del Sindaco è stata considerata persino contraria all’attuale normativa sul randagismo, in particolare la Legge 14 agosto 1991, n.281, “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”, che potete leggere per intero cliccando qui.
L’Asl, come enuncia la normativa, è tenuta a controllare le nascite di cani e gatti randagi, incentivando le sterilizzazioni gratuite, e assolutamente mai sopprimendo gli animali che non siano “gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”. Sempre secondo la Legge, inoltre, “gli enti e le associazioni protezionistiche possono, d’intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza”. E da cosa dipende, più che da ogni altro aspetto, la sopravvivenza? Proprio dal mangiare e dal bere.
Più recente, invece, è l’analoga questione verificatasi in Calabria proprio negli ultimi giorni. Le associazioni “Earth” e “Associazione Vittime della Caccia” hanno fatto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria contro il Comune di Cropalati. Nel 2014, infatti, il Consiglio Comunale aveva promosso la deliberazione per vietare nella maniera più assoluta “di alimentare, anche saltuariamente, cani vaganti di proprietà altrui o senza proprietà”. Secondo i Giudici del TAR calabrese, l’ordinanza risulta totalmente in contrasto con le attuali normative contro il maltrattamento degli animali, come era già successo in Puglia.
In conclusione, attualmente non esiste alcuna Legge che possa vietarci di sfamare e dissetare gli animali randagi, in paese così come in periferia. Anzi, se alcuni cittadini dovessero lamentarsi o chiamare le autorità per impedirci di farlo, non ne avrebbero alcun diritto.
Una situazione spiacevole che può verificarsi in alcuni casi, inoltre, è che i Vigili Urbani decidano di multarci perché stiamo “imbrattando” il suolo pubblico, sfamando un randagio. Conoscendo le normative e considerando quello che è capitato in altri posti d’Italia, è un nostro diritto quello di far presente al Vigile che non stiamo violando alcuna normativa, a meno che non sia stata emanata una specifica ordinanza da parte del Sindaco.
Sfortunatamente, non tutti hanno le possibilità economiche per affrontare un ricorso di fronte ad una multa, per quanto possa risultare infondata. Quindi in questi casi dovremmo cercare di affrontare il problema verbalmente con le autorità, facendo sempre valere i nostri diritti. In caso contrario, dovremo necessariamente pagare quanto dovuto, scegliendo in seguito se optare per un ricorso o meno. Fatti del genere, in ogni caso, non dovrebbero passare inosservati.
Se invece è già presente un’ordinanza sindacale, possiamo affidarci alle numerose associazioni attive nel settore animalista, come è successo negli esempi citati in questo articolo.
In conclusione, possiamo quindi posizionare delle ciotole d’acqua o del cibo da lasciare a disposizione degli animali, ricordandoci però di appellarci anche al nostro buonsenso. L’acqua non sporca, ma il cibo si, per cui cerchiamo di pulire non appena l’animale ha finito di ristorarsi.