Green Hill: giustizia per i 6mila Beagle morti nella fabbrica della morte
Sono passati ormai due anni dalla chiusura dell'allevamento lager di Green Hill da parte del Corpo forestale dello Stato, con l'accusa principale di maltrattamento di animali. Arriva adesso la condanna per tutte le persone che sarebbero state coinvolte nei fatti.
Secondo i dati raccolti, infatti, nell'allevamento di Montichiari (Brescia) i numerosi Beagle venivano utilizzati ai fini della vivisezione, reato ancora non riconosciuto in Italia. Tuttavia, l'aspetto che aveva scatenato l'indignazione degli animalisti e le indagini da parte delle autorità era legato alle condizioni a cui questi animali erano sottoposti.
Il numero di cani costretti a vivere in condizioni incompatibili con i diritti fondamentali per il benessere degli animali è esorbitante. Secondo le stime ufficiali, infatti, sarebbero oltre 6mila i Beagle morti all'interno della struttura in soli 4 anni. I cani deceduti in seguito al sequestro, nonostante il grande impegno delle associazioni di animalisti, sarebbero invece 98.
Un dato impressionante, che non è di certo sfuggito all'opinione pubblica e alle autorità giuridiche.
Stando a quanto riportato dal pm Ambrogio Cassiani, sotto accusa non sarebbe la sperimentazione farmacologica attraverso la vivisezione, ma le modalità con cui venivano allevati gli animali.
Ai cani malati non veniva offerta alcuna cura, per risparmiare sul costo degli antibiotici. Semplicemente, venivano ignorati in attesa del decesso oppure soppressi senza alcun ripensamento.
La battaglia degli animalisti aveva dato il via ai sospetti su Green Hill con il blitz del 2012 all'interno dell'allevamento, durante la quale erano state aperte senza alcuna autorizzazione numerose gabbie per liberare gli animali.
In questi due anni molte altre manifestazioni e proteste sono state incentrate proprio sul destino dei responsabili dell'allevamento lager, che sono state ascoltate e accolte dalle autorità, arrivando alla sentenza definitiva degli ultimi giorni.
Con l'accusa di animalicidio sono stati condannati ad un anno e sei mesi il gestore Ghislane Rondot, insieme al veterinario Renzo Graziosi. Un anno invece per il direttore Roberto Bravi, mentre è stato assolto per non aver commesso i fatti il co-gestore Bernard Gotti.
A beneficiare di questa sentenza è soprattutto la Lega Anti-Vivisezione, a favore della quale è stato ordinato un risarcimento di 30mila euro per l'impegno nella cura e nell'adozione dei Beagle sequestrati.
Commenta così l'ex ministro Michela Brambilla, che è scesa fin da subito in campo per la difesa degli animali: "La sentenza di Brescia è una grande vittoria, un traguardo di straordinaria importanza: riconosce la sussistenza dei reati e quindi il principio secondo cui, anche nel contesto di massimo sfruttamento economico e per scopi asseritamente scientifici, gli animali vanno rispettati e tutelati, come prevede la legge".
Non sono mancate comunque le proteste da parte degli avvocati difensori degli imputati, Luigi Frattini e Enzo Bosio, che hanno dichiarato che “non ci sono state violazioni e qualora non fossero state rispettate alcune norme, scatterebbe solo una sanzione amministrativa”. Inoltre, hanno fatto notare che la decisione del sequestro ha lasciato senza lavoro ben 50 impiegati nell'allevamento.
In ogni caso la notizia rappresenta una vittoria importante, che potrebbe rappresentare il primo passo per riuscire ad ottenere finalmente un maggiore riconoscimento dei diritti degli animali.
Le associazioni continuano comunque a lottare con grande forza per abolire la pratica della vivisezione.