Le malattie infettive sono una delle evenienze più pericolose, ma purtroppo anche più frequenti, alle quali il nostro gatto può andare incontro. Il fatto che un gatto giri liberamente per il quartiere, nella maggior parte dei casi, e che venga in contatto con i tanti randagi che ci sono in campagna e in città, lo rende molto più esposto al rischio di contrarre malattie rispetto ad altre specie animali come i cani.
In questo articolo parliamo di panleucopenia felina, conosciuta anche come parvovirosi del gatto o come gastroenterite virale (il virus che la causa è “fratello” di quello che porta la gastroenterite emorragica nel cane, anche se nel gatto l’intestino ha meno problemi).
Si tratta di una malattia infettiva molto pericolosa, mortale nella maggior parte dei casi e soprattutto difficile da eliminare dall’ambiente.
Fortunatamente in questi anni è molto meno frequente grazie alla diffusione del vaccino, uno di quelli obbligatori per il gatto, ma non sempre i mici vengono vaccinati dai proprietari.
Che cos’è
La panleucopenia felina è una malattia virale che deve il suo nome ad uno degli effetti che provoca, ovvero la carenza di globuli bianchi, il sistema difensivo dell’organismo (pan- sta per “tutti”, -leuco- per “bianchi”, -penìa per “mancanza”, quindi “mancanza di tutti i globuli bianchi”). Al di là del nome, che è un rebus, i suoi effetti sono devastanti nell’organismo del gatto.
Fondamentalmente, questo virus distrugge tutto ciò che si trova datanti, e se entra in contatto con un gatto sano e non vaccinato, può portarlo anche alla morte in un solo giorno.
La trasmissione è principalmente diretta, quindi tramite liquidi corporei come feci e urine, perché un gatto guarito o vaccinato continua ad espellere il virus per un mese e mezzo, anche se non mostra i sintomi.
Altra via è il contatto uterino se la mamma è malata (i gattini nascono già infetti e moriranno qualche giorno dopo la nascita).
Infine, il virus si trasmette tramite l’ambiente, se è passato un gatto malato che ha urinato o defecato da qualsiasi parte.
Il virus è resistentissimo, e in casa l’unico modo per distruggerlo è lavare tutto con candeggina, unico detergente che funziona, compresi pavimenti e ciotole. All’aperto è praticamente impossibile fare qualcosa, invece.
Che cosa fa
Il virus della panleucopenia, essenzialmente, fa danni. Danni di qualsiasi tipo. Se viene preso da un gattino piccolo, il cui sistema immunitario non è ancora sviluppato, a meno che la mamma fosse vaccinata con ogni probabilità non riuscirà a sopravvivere. Lo stesso vale per un gatto adulto immunodepresso (che ha la FIV).
In questi casi non c’è proprio nulla da fare, il gatto muore all’improvviso per shock ma non ci rendiamo conto di nulla, non vediamo nemmeno che sta male. Improvvisamente, nel giro di qualche ora, è sempre più debole, per poi accasciarsi. E non c’è cura.
Se il gatto era adulto ma non vaccinato e stava bene, invece, si può fare qualcosa; abbiamo in questo caso febbre altissima, vomito, disidratazione, il veterinario troverà linfonodi grandissimi; ovviamente deve essere portato subito, perché per prima cosa va reidratato, ma poi va lasciato in clinica per diversi giorni. La guarigione completa può richiedere anche più di un mese, ed è molto lenta, per cui è bene evitare che si possa verificare una situazione del genere.
Come prevenirla
La prevenzione è quindi l’unica cosa che possiamo fare per garantire al nostro gatto che non potrà contrarre questa grave malattia.
Come già detto, tutti i veterinari consigliano di vaccinare i gattini piccoli, e i proprietari lo fanno; non ci pensano, invece, se prendono un gatto già grande, trovatello, che inizia a stabilirsi intorno a casa perché gli diamo da mangiare e poi “fa amicizia” con noi.
Se non sappiamo lo stato vaccinale, è bene portarlo da un veterinario e farlo vaccinare, anche se è già adulto. Se è femmina, non sterilizzata, a maggior ragione va vaccinata perché potrebbe far morire i gattini se avesse superato la malattia ma avesse ancora il virus in corpo.
Se, invece, abbiamo già avuto in casa un gatto con panleucopenia, se questo è morto aspettiamo diversi mesi prima di prendere un nuovo gattino (vaccinato!!!), lavando tutto con candeggina più volte per essere sicuri di eliminare il virus dall’abitazione.
Se abbiamo più gatti e uno è malato, invece, va isolato dagli altri per diversi mesi, anche se è guarito nel frattempo, perché le conseguenze per gli altri potrebbero non essere piacevoli. Effettivamente il problema è maggiore in questi casi, e sarebbe meglio chiedere a qualcuno che non ha gatti di tenerlo per un po’.
Chiudiamo con una buona notizia: nonostante i cani abbiano una malattia causata da un virus molto simile, sono completamente immuni alla panleucopenia: se avete un gatto malato, il vostro cane non corre rischi e potete stare tranquilli.
Le patologie che possono interessare i nostri animali domestici non sono tutte uguali: ce ne sono alcune poco gravi, magari fastidiose ma che non mettono in pericolo la loro vita, mentre altre sono piuttosto urgenti e dobbiamo agire quanto prima.
Spesso i proprietari non sanno riconoscere la differenza, e in questo articolo vi parliamo di ascite: è una situazione che ogni padrone deve conoscere, e riconoscere qualora l’animale la presentasse, per portarlo quanto prima da un veterinario. Perché l’ascite, e la malattia che la determina, può essere molto grave.
Cos’è l’ascite
L’ascite è il versamento addominale, ovvero la presenza di liquido nell’addome. Nella pancia.
Gli organi che si trovano in addome (fegato, stomaco, intestino, vescica) sono di solito in contatto tra di loro; si toccano, insomma. Ci sono però delle situazioni in cui iniziano a comparire un liquido, di diversa natura, in addome, che toglie loro spazio e che fa “gonfiare” la pancia del cane e del gatto, in modo molto intenso; è impossibile non vederla, anche se l’animale non sembra stare male.
Il liquido può essere di diversa natura: può essere sangue, se si è rotto qualche organo interno, o può essere urina, qualora si fosse rotta la vescica. Queste situazioni sono però molto gravi, conseguenza di incidenti molto violenti, e ci renderemo subito conto che il cane o il gatto sono in pericolo di vita.
Molto più subdola è la situazione in cui il versamento è una sostanza molto simile all’acqua, trasparente, detta essudato o trasudato a seconda dei casi. Questa sostanza compare in addome lentamente, ma se non rimossa (e se non curata la causa della sua comparsa) può diventare pericolosissima.
Le cause di ascite
Le cause della comparsa di questo liquido possono essere varie: può essere causata da alcuni veleni, come i veleni per topi; può essere causata anche (raramente) da alcuni tumori o da alcune malattie infettive. Le cause più comuni, però sono tre: le malattie del cuore, le malattie del fegato e le malattie renali, tutte molto serie.
L’ascite cardiogena dipende dal fatto che il cuore non pompa più bene il sangue. Il sangue, così, “ristagna” nelle vene, e a lungo andare se ne accumula talmente tanto (la vena più grande, la vena cava inferiore, è in addome) che un po’ di liquido comincia ad essudare dai vasi, ci passa attraverso, e va in addome, accumulandosi sempre di più.
L’ascite epatogena è causata da problemi gravi al fegato, come la cirrosi: il fegato, quando funziona, produce una proteina detta albumina; tra le sue funzioni c’é quella di trattenere l’acqua nei vasi sanguigni, senza che passi dalle pareti ed esca. Se il fegato non funziona l’albumina non c’è e nessuno trattiene l’acqua, che è così libera di fuoriuscire in addome.
L’ascite nefrogena è simile alla precedente. L’albumina, quando girando con il sangue passa dai reni, viene filtrata ed esce dalla circolazione. È compito del rene riassorbirla e farla tornare nel sangue; se il rene, però, non funziona il sangue non la riassorbe, e la proteina se ne va con le urine. Così c’è meno proteina nel sangue e, come prima, l’acqua è libera di uscire.
Come si cura
L’ascite rappresenta sia un problema grave in sé, in quanto malattia pericolosa, sia perché è un importante campanello di allarme per il malfunzionamento dei tre organi di cui abbiamo appena parlato.
Ci rendiamo conto che il nostro animale ne soffre se gli vediamo la pancia gonfia. Ma non gonfia in modo armonico a “gatto/cane grasso”, ben distribuita, ma come se fosse un sacchetto pieno d’acqua. Proviamo a stringerla con delicatezza: abbiamo l’impressione di toccare la borsa dell’acqua calda o la nostra pancia? Se la risposta è la prima, andiamo dal veterinario quanto prima.
Il medico, dopo aver verificato la presenza di liquido con un’ecografia, per prima cosa lo estrarrà, infilando una siringa in pancia e aspirando. Questo da sollievo all’animale, che non avrà più l’acqua a fermare la dilatazione dei polmoni, quindi respirerà subito meglio. Potrebbe essere necessario tornare più volte dal veterinario a fare questa manovra.
Quindi il dottore si occuperà di capire qual è la causa dell’ascite, e di formulare un’opportuna terapia per risolverla.
In tutto questo, però, l’animale non sembra stare particolarmente male: mangia, si muove, e a parte un po’ di affanno nel respirare sta bene. Ma non è così, perché un organo importante che non funziona può far aggravare lo stato di salute in pochissimi giorni.
Non aspettiamo quindi, ma andiamo il prima possibile dal veterinario non appena ci rendiamo conto di questi sintomi.
Proprio come noi esseri umani, i nostri amici a quattro zampe possono, nel corso della loro vita, sviluppare delle allergie. Ma come funzionano, esattamente, queste patologie, e come è possibile evitarle?
Che cosa sono
Le allergie sono reazioni esagerate del nostro organismo contro dei prodotti normalmente presenti nell’ambiente che non sono assolutamente dannosi.
L’organismo, per predisposizione genetica o per la troppa esposizione a queste sostanze, inizia a credere che siano dannose anche se non lo sono assolutamente. Comuni alimenti come il pollo o il latte, piuttosto che sostanze presenti normalmente nell’aria come gli acari o il polline delle piante stimolano, quando entrano in contatto con l’organismo di un animale allergico, una reazione simile a quella che avverrebbe se ci fosse qualcosa di molto più pericoloso. Reazione del tutto ingiustificata.
Così, la sostanza entra in contatto per via cutanea, respiratoria o digerente con il corpo, che reagisce liberando una sostanza detta istamina: l’istamina, a sua volta, stimola una reazione che porta ad una grande dilatazione dei vasi sanguigni, che portano sangue e cellule difensive nel punto in cui è avvenuto il contatto. Il corpo, in pratica, si prepara ad una guerra. Una guerra contro nessuno.
Questa forte infiammazione può portare alla comparsa di sintomi che variano in base alla parte interessata. Un’esposizione cutanea può causare prurito e arrossamento della pelle, in certi casi anche dolore. Il contatto tramite apparato digerente, tra il corpo e un alimento che è stato ingerito, causa irritazione dell’apparato che può manifestarsi in sintomi come il vomito e la diarrea.
L’apparato che ha le reazioni più gravi è però quello respiratorio, perché generalmente ad avere la reazione è la laringe, la “gola”. Qui ad irritarsi sono le pareti, che in alcuni casi danno luogo semplicemente a colpi di tosse e starnuti, mentre nei casi più gravi possono ingrandirsi talmente tanto da ostacolare il passaggio dell’aria tra la bocca e i polmoni, portando anche al soffocamento.
Una delle conseguenze più gravi di questa situazione è però lo shock anafilattico: questo avviene quando il contatto con l’allergene è talmente intenso (generalmente se è stato ingerito) che tantissimo sangue viene richiamato nel punto dove si ha la reazione.
Se il sangue si concentra tutto in quel punto, non ne rimarrà abbastanza per far funzionare organi vitali come i polmoni, il cuore o il cervello, e se non si agisce in fretta questa situazione può portare a morte in pochissimo tempo.
Come curare e prevenire le allergie
Purtroppo, al momento non esiste una cura vera e propria per le allergie.
Esistono però medicine che calmano la reazione allergica, e sono gli antistaminici, farmaci che contrastano l’azione della sostanza che da inizio a tutta la reazione, l’istamina di cui abbiamo parlato prima.
Se siamo consapevoli che il nostro cane o il nostro gatto sono allergici a qualcosa, dobbiamo tenere sempre questi medicinali a portata di mano e somministrarli noi stessi nel caso si presentasse una reazione, perché il tempo per recarci da un veterinario potrebbe essere troppo. Ovviamente è il veterinario a dover prescrivere questi medicinali.
Se invece non sappiamo se effettivamente il cane o il gatto siano o meno allergici a qualcosa, osserviamo se hanno dei sintomi particolari come la diarrea persistente, degli arrossamenti cutanei e qualche difficoltà respiratoria, non continuativa ma che “esplode” in certi momenti ben precisi.
Con i consigli del veterinario, dovremo cercare di capire che cosa provoca allergia, e cercare di allontanare l’animale o di evitare proprio il contatto.
Per i cibi, togliamo man mano ogni alimento che mangia, alternativamente, e vediamo quando la diarrea si calma. Se, ad esempio, per una settimana non diamo il pollo e l’animale sta bene potrebbe essere proprio allergico al pollo.
Per le reazioni cutanee dobbiamo fare attenzione alle abitudini del cane e a cosa entra in contatto, tra cui le piante. Se le reazioni sono sopra alla schiena, l’allergene sarà qualcosa di più alto del cane, se sono sotto la pancia potrebbe essere una particolare erba, se riguardano solo le zampe qualcosa che si trova per terra: ragioniamo in questo senso per cercare di capire cosa sia l’allergene e quando lo avremo capito evitiamo il contatto.
Infine, per quanto riguarda le reazioni respiratorie dobbiamo fare attenzione a tutto ciò che può essere nell’aria: polline (l’allergia si presenterà stagionalmente), fieno (si presenterà quando l’animale entra nel fienile, se lo abbiamo) pelo di qualche animale (di gatto, ad esempio, se è un cane). Chiaramente dovremo evitare quanto più possibile che l’animale sia esposto all’allergene.
Le allergie, infatti, non possono essere curate, ma si possono prevenire le reazioni allergiche: ci vuole pazienza ed attenzione, ma possiamo garantire al nostro cane o al nostro gatto una vita praticamente normale.
In questo articolo parliamo di alcune tra le malattie più gravi che possono colpire i nostri cani o i nostri gatti: parliamo dei tumori.
È un argomento difficile, di cui si parla poco, come se ci fosse una specie di tabù. E invece parlarne, informarsi e soprattutto far capire ai proprietari quanto sia importante tenere sotto controllo i propri animali è l’unico modo per prevenirli o, quantomeno, curarli prima che riescano a fare troppi danni.
ATTENZIONE: Nell’articolo scriverò in modo diretto, senza mezzi termini e giri di parole, per parlare di questo grave problema. Non proseguite con la lettura se siete sensibili o temete questo problema per i vostri animali; fate leggere a qualcun altro e fatevi dire che cosa ho scritto. Perdonatemi, ma mi sembra il modo migliore per trattare questo argomento. Addolcirlo non serve a nulla.
Cosa sono i tumori
Proprio come i medici umani, i veterinari non hanno ancora capito bene perché i tumori si formino. Ci sono alcune malattie che sono direttamente collegate con la loro comparsa (la FeLV nel gatto, la Malattia di Marek negli uccelli) ma nella maggior parte dei casi la loro comparsa è dovuta a fattori su cui, da proprietari, non abbiamo alcun controllo.
Inquinamento, fumo da parte dei padroni, sostanze cancerogene nei cibi sono piccoli input che, a lungo andare, possono portare alla comparsa della cosiddetta neoplasia, la crescita nuova ed incontrollata di una cellula, che inizia a moltiplicarsi senza alcun tipo di controllo da parte dell’organismo.
Nella sua crescita, un tumore (generalmente quelli maligni) può rompersi in più parti, che possono raggiungere punti anche molto distanti dell’organismo dando origine ad un nuovo tumore detto metastasi; se invece dopo la rimozione, un tumore (generalmente quelli benigni) torna nello stesso punto di prima, si parla di recidiva.
La differenza tra benigno e maligno sta nel fatto che il secondo cresce più velocemente e tende a “mangiare” tutto ciò che incontra crescendo. Il benigno è più tranquillo, anche se da una tipologia si può passare ad un’altra.
I tumori possono comparire dappertutto. Polmoni, milza, vescica, mammelle, prostata, non esiste praticamente alcun organo immune.
Inoltre, compaiono solo in animali che hanno una certa età. Perché una neoplasia inizi, c’è bisogno di una serie di stimoli cancerogeni ripetuti, che per motivi di tempo non possono avvenire in un cucciolo, ma possono in un adulto o in un anziano: questa è l’età a cui bisogna prestare più attenzione.
Come capire che un animale ha una neoplasia
Diagnosticare le neoplasie non è semplice. Potendo essere in qualsiasi organo, e poiché non danno necessariamente dei sintomi (pensiamo ad un cancro polmonare, che deve crescere moltissimo prima di dare problemi respiratori) bisogna andare “alla cieca” per cercarli.
Un check-up completo quando il nostro animale inizia ad avere 6-7 anni, da ripetere una o due volte all’anno, è sicuramente un’ottima regola: non andiamo solo dal veterinario quando il cane, o il gatto stanno male. Andiamoci anche quando stanno bene. Non troppo spesso, ma andiamoci, perché continuino a stare bene.
Nel caso di una visita comprendente un’ecografia, sarà il veterinario ad accorgersi se ci fosse qualcosa che non va. Un piccolo nodulo, non ancora cresciuto, si può rimuovere senza troppi problemi con un semplice intervento chirurgico, ed estirpare il problema alla radice. Una grande massa, che magari ha dato delle metastasi, nella maggior parte dei casi non si può rimuovere senza intaccare per sempre l’organo in cui si è sviluppata.
Un consiglio molto importante è di castrare, e sterilizzare, gli animali se non siamo interessati alla riproduzione: togliendo le ovaie e i testicoli toglieremo gli ormoni che fanno crescere mammelle, utero, prostata. E questi organi, non sviluppandosi, non possono sviluppare neoplasie in futuro. Meglio fare l’intervento quando l’animale è ancora piccolo.
Per quanto riguarda gli animali anziani, se non abbiamo effettuato visite di controllo o castrazione, potrebbe capitare di vedere un gonfio da qualche parte del corpo, oppure di notare problemi respiratori o intestinali. Rechiamoci dal veterinario appena possibile, per i motivi di cui parlavamo prima. Non aspettiamo che cresca ancora.
Un caso particolare a cui fare attenzione è l’emangiosarcoma splenico: è uno dei tumori più pericolosi, colpisce il cane e si vede come un gonfio sul fianco sinistro dell’addome. È una neoplasia strana, perché in pratica è una bolla piena di sangue, che può rompersi da un momento all’altro. E se lo fa, provoca una grande emorragia interna che porterà il cane a morte in pochi minuti.
Non facciamo saltare il cane, facciamolo rimanere più fermo possibile. Adagiamolo noi in auto per portarlo dal veterinario, non facciamolo saltare per salire. Chiediamo un’ecografia quanto prima, per pianificare l’intervento di rimozione della milza, l’unico che può risolvere la situazione.
Se il tumore è benigno, non troppo grande e, soprattutto, non ha dato metastasi, il veterinario può provare a risolverlo con un intervento chirurgico, che lo asporterà. Se questo non fosse possibile, l’alternativa è la chemioterapia, purtroppo molto costosa (è tutto a carico del proprietario), lunga e non sempre risolutiva. La ricerca è ancora in alto mare con il cancro nelle persone, figuriamoci negli animali.
Per questi motivi, se tenete veramente al vostro cane, portatelo come dicevamo prima a fare le visite di controllo. È l’unico modo per accorgerci precocemente di questo tipo di problema, e di mettere in pratica una terapia il prima possibile: cure certe non ne esistono, e nessuno ne è immune. Sono tra le malattie più diffuse, in questi anni, sia nei cani che nei gatti.
Tra le parti del corpo che compongono l’organismo dei nostri amici a quattro zampe, una delle più importanti, anche se spesso tendiamo a sottovalutare la sua funzione, è la pelle.
È molto estesa, ricopre tutto il corpo ed ha l’importantissima funzione di proteggere tutto ciò che si trova sotto di essa, dai muscoli agli altri organi.
L’ambiente esterno, infatti, è molto sporco. L’inquinamento dell’aria, i batteri e i virus che ci sono praticamente sempre nonché tutti quelli che ricoprono ogni oggetto che ci circonda sono dei potenziali pericoli da cui proteggersi.
Tuttavia, a volte anche la pelle si ammala. Le malattie cutanee sono molte, e di molti tipi, e in questa pagina ci occupiamo di una particolare categoria che è quella delle piodermiti: si tratta di una serie di piccole infezioni cutanee che, in certi casi, possono portare anche alla presenza di pus (che non si vede, però, perché non c’è un grande ascesso ma tanti accessi piccolissimi).
Cos’è la piodermite
La pelle, abbiamo detto, protegge dai pericoli provenienti dall’esterno, ma è essa stessa molto sporca: sulla sua superficie vivono una serie di batteri tra cui gli stafilococchi, che fin quando il cane sta bene non danno alcun tipo di problema. Non sono problematici nemmeno se il cane si lecca, perché ingerendoli ci pensa lo stomaco a distruggerli.
Gli stafilococchi vivono anche sulla pelle del gatto, ma sono meno propensi a creare infezioni benché comunque sia possibile che compaiano.
Ma se la pelle è così protettiva, perché da un giorno ad un altro questi microrganismi cominciano a fare danno? Perché ci sono altri tipi di problematiche, che indeboliscono tutto l’organismo e quindi anche la pelle, per cui gli stafilococchi trovano meno resistenze da parte del cane o del gatto e iniziano a riprodursi.
Lo fanno intorno alla base del pelo e intorno alla radice del pelo, nel follicolo pilifero (immaginate il pelo come una pianta, radice compresa), dove si nutrono della pelle del cane e possono creare pus. Questo causa prurito all’animale, che inizia a grattarsi; la parte interessata dalla piodermite diventa arrossata, e in certi casi i peli cadono perché sono indeboliti.
In base a qual è il problema che causa la piodermite, questa può essere superficiale, se interessa solamente il contorno del pelo ed è anche più facile da rimuovere, oppure profonda, che richiede un trattamento più accurato perché interessa la parte più interna della pelle, il derma.
Una buona notizia, però: la piodermite non è contagiosa. Alla luce di ciò che abbiamo detto, se vedete un cane che ha questo problema potete farlo tranquillamente giocare con il vostro, perché lui, che sta bene, ha comunque già sulla sua pelle gli stafilococchi che causano la malattia.
Come si riconosce e come si cura
Riconoscere la malattia è molto importante, perché come dicevamo non è un grande problema per il cane (più che altro è fastidiosa) ma bisogna capire qual è la malattia che ha dato il “via libera” all’insorgere della piodermite, perché potrebbe essere piuttosto grave.
Tra queste ci possono essere le allergie, generalmente ad un alimento, e dobbiamo scoprire cosa le causa per toglierlo dalla dieta e prevenire problemi intestinali; squilibri ormonali, che possono essere causati da problemi alla tiroide o al pancreas (diabete) che vanno tenuti sotto controllo; malattie parassitarie che hanno in qualche modo indebolito le difese immunitarie.
Naturalmente deve essere il veterinario a scoprire di quale malattia si tratta, ma sta a noi notare che il cane ha delle grandi aree arrossate sulla pelle e che si gratta molto intensamente, a volte perdendo il pelo, e portarlo dal veterinario se questa situazione perdura per più di qualche giorno.
Il veterinario si occuperà quindi, oltre che di scoprire quale malattia favorisce la piodermite e prescrivere una terapia appropriata, di curare le piodermite. Per prima cosa verranno prescritti degli antibiotici, medicinali che diffondono per tutto il corpo, quindi anche alla pelle, e che vanno ad uccidere tutti gli stafilococchi che sono penetrati in profondità nella cute.
Se la piodermite è profonda e scende molto in basso potrebbe essere necessario fare anche dei bagni disinfettanti, da ripetere più volte con prodotti che sarà il veterinario ad indicare. Con la combinazione di questi due prodotti che vanno ad uccidere i microrganismi sia da fuori che da dentro la piodermite scomparirà completamente nel giro di qualche settimana.
È importante, però, prestare attenzione e seguire anche l’altra problematica, quella causante, che deve essere tenuta assolutamente sotto controllo, o le conseguenze potrebbero essere molto più gravi rispetto a quelle di una “semplice” piodermite.
L’organismo dei nostri cani e dei nostri gatti è composto da una serie di organi, che sono le parti del corpo che assolvono a specifiche funzioni.
Non tutti sono uguali: ce ne sono alcuni che, per la loro funzione molto precisa, sono molto protetti e difficilmente si ammalano, come il cervello o il cuore; ce ne sono altri, invece, che hanno continuamente a che fare con sostanze dannose o di scarto e per cui le problematiche, seppur poco gravi, sono all’ordine del giorno.
Tra questi organi troviamo sicuramente l’intestino: chi di voi ha un cane o un gatto che non ha avuto nemmeno un episodio di diarrea nella sua vita?
La diarrea è infatti il sintomo più comune quando ci sono problemi all’intestino, e sebbene alcune volte dipenda da semplici errori di alimentazione che si risolvono da soli, in altri casi le cause di questi problemi possono essere molto, molto più gravi. Cerchiamo di capire come è fatto l’intestino e da cosa possono provenire i problemi.
I problemi intestinali
L’intestino è un lungo tubo che inizia dallo stomaco e termina con l’apertura anale, tramite la quale il materiale che non è stato digerito fuoriesce all’esterno dell’organismo.
Il suo scopo è sia quello di digerire le sostanze nutritive, sia quello di assorbirle e fare in modo che entrino nel sangue così da poter fornire energia ai vari organi.
Si divide in due grandi sezioni: l’intestino tenue, molto lungo e sottile, e l’intestino crasso, più corto ma più largo. Nei cani e nei gatti non ha grandi funzioni perché questi animali mangiano essenzialmente carne, mentre negli erbivori (dove è molto più sviluppato) come i cavalli serve a digerire le fibre che assumono mangiando l’erba.
I problemi dell’intestino dipendono essenzialmente da ciò che è stato ingerito: con il cibo, il nostro cane o il nostro gatto potrebbe mangiare alimenti avariati, qualcosa di non digeribile (della sabbia) o ancora alimenti contenenti dei parassiti o dei batteri pericolosi.
Le sostanze che non sono digeribili, proprio perché non vengono decomposte, creano essenzialmente un’irritazione sulla parete dell’intestino, graffiandola. I parassiti, i batteri ed i virus patogeni, invece, danneggiano direttamente la parete dell’intestino dall’interno perché cercano di oltrepassarla.
Il meccanismo di difesa principale dell’intestino quando capisce che c’è qualcosa che non va è quello di cercare di far transitare verso l’ano, quindi di “buttar fuori”, ciò che è dannoso, e lo fa assorbendo meno acqua del normale. In questo modo le feci rimarranno più liquide ed usciranno meglio. È così che abbiamo la diarrea.
La diarrea: cosa fare se si presenta
Naturalmente la diarrea non è solo dovuta a questo meccanismo di difesa intestinale, ma in molti casi è la combinazione di questo e dell’azione diretta del microrganismo o della sostanza che causa il problema. Alcuni parassiti, ad esempio, danneggiano (o, meglio, mangiano) la parete dell’intestino e fanno fuoriuscire acqua, aggravando il problema.
In generale, sta a noi proprietari fare il primo passo quando il nostro animale presenta episodi di diarrea: dobbiamo infatti osservare il comportamento dell’animale, e per prima cosa vedere quanto a lungo sta durando il sintomo.
Se dura un paio di giorni e poi non si manifesta più, probabilmente la causa era che il cane o il gatto aveva mangiato qualcosa di poco digeribile (come il latte); se perdura per più giorni, potrebbe essere causata da una malattia batterica o virale, e c’è necessità di fare una visita veterinaria che aiuti a capire di che si tratta prima che la situazione degeneri.
Nelle feci possiamo poi vedere del sangue. Una sola goccia è normale, mentre quantità maggiori e, soprattutto, ripetute, indicano la presenza di un problema; potrebbero essere presenti, ad esempio, dei parassiti intestinali.
A questo proposito, se sono veramente tanti alcuni muoiono (quando sono pochi cercano di non essere buttati fuori con le feci) e si trovano nella cacca. Si vedono, sono bianchi e in certi casi si muovono. Trovarceli significa che è in corso un’infestazione massiva, quindi dobbiamo rivolgerci ad un veterinario quanto prima.
Un altro caso di diarrea possono essere le allergie alimentari: se il sintomo dura da molto tempo ma il cane o il gatto non sta particolarmente male (a vederlo) probabilmente ha questo tipo di problema, è allergico ad un alimento che gli causa una reazione e dobbiamo capire qual è per eliminarlo dalla sua dieta, con l’aiuto del veterinario.
Infine è importante valutare anche la situazione esattamente opposta a quella della diarrea: l’assenza di defecazione. Se l’animale mangia normalmente, deve pur espellere ciò che non viene digerito. Se notiamo che, dalle 2 defecazioni normali al giorno, queste si riducono ad una o addirittura a una ogni due-tre giorni, e magari le feci sono poche, potrebbero essere presenti problemi di scarso movimento intestinale o, ancora peggio, di qualcosa che ostacola il passaggio delle feci: entrambi i casi non sono da sottovalutare e, anzi, bisogna agire per fare in modo che il veterinario si renda conto di qual è il problema e lo risolva quanto prima, spesso con necessità di un intervento chirurgico.